Il festival MiTo, le improvvisazioni di Montero pianista fantasiosa
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“È il modo più naturale che ho per esprimermi al pianoforte, sin da quando ero bambina. Tutto qui”. Non ci sono formule, regole o banali trucchi del mestiere in questa real- time improvised performance. Per Gabriela Montero, la pianista venezuelano- statunitense che stasera al Dal Verme rilancia il Festival Mito, improvvisare liberamente su temi suggeriti dal pubblico è un gioco appassionante. Un rito diverso dal solito recital, spesso ripetitivo, basato su brani arcinoti che molti ascoltatori sanno già a menadito. Che porta a esiti imprevedibili, perché quando qualcuno fra il pubblico si alzerà dalla sedia per canticchiare una qualsiasi melodia e offrire alla pianista lo spunto per una variazione (si può passare da Henry Potter a Morricone, da Nessun dorma a Happy Birthday, Bella Ciao e ai più rudimentali jingle pubblicitari come è capitato tempo fa con la suoneria della Nokia) non c’è più nulla di prevedibile.
La serata di oggi però prende il via in maniera tradizionale: nella prima parte domina infatti la rievocazione degli albori naturali nell'”Aurora” op. 57 di Beethoven e il pianismo visionario della Sonata n. 2 di Rachmaninov, tecnicamente impervia e grandiosa, satura di momenti appassionati e di lunghe oasi meditative. Poi, invece di continuare sulla strada del solito dejà vu, ecco la svolta. Microfono alla mano, Montero chiederà liberi suggerimenti a chi è seduto in sala. E chiunque appunto potrà offrire uno spunto, dando origine ad un pezzo nuovo, compiuto in tutti i suoi parametri di ritmo, melodia e scelta timbrica. Chiamatelo pure effetto juke box, ma il bello è che lei – diversamente da tanti jazzisti di rango – si inerpica con esiti felicissimi in un ampio formulario di stili: non solo funky e free, bossa nova e tanghi, ma ricami contrappuntistici alla Johann Sebastian Bach, squillanti movenze rococò, armonie impressioniste di sapore raveliano e asprezze spigolose che riecheggiano Prokof’ev, dove però il tema lanciato dalla sala ritorna sempre puntualmente.
“È grazie a Martha Argerich che sono emersa come improvvisatrice classica, è stata lei a incoraggiarmi” racconta Montero, che ha più volte collaborato in duo con la leggendaria collega sudamericana e talvolta compone pezzi affidati al rigore della scrittura tradizionale, come di recente nel suo Latin Concerto. “Come mi venga, non lo so, è una cosa che facevo già da bambina, ma in privato, perché l’insegnante mi aveva vietato di farlo in pubblico. Non pianifico mai nulla, non c’è una mappa che tengo a mente, e non posso mai ripetere passaggi uguali. È solo composizione spontanea che nasce e muore in quello stesso istante, molto simile (se si va a vedere) alla vita stessa: difficile dire perché altri non mi seguono su questa giocosa performance, forse la nostra epoca è davvero ossessionata dalla perfezione”.
Ma archiviati i primi giorni del festival, Mito inizia ad approfondire il tema di quest’anno (“Futuri”) ragionando sull’imprevedibilità di molteplici accostamenti fra presente e passato. Domani sera irrompe in cartellone l’estrosa fisarmonicista lituana Ksenija Sidorova che si muove fra preghiere, vocalizzi, elegie e tanghi, in…
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