Partiti e centri sociali, le tante idee di pace nel lungo serpentone di Milano

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Il corteo del 25 Aprile ha gli occhi verdi delle bambine di Kiev che tengono la bandiera gialla e azzurra e gridano “Slava Ukraina”. Ha le pettorine rosse dei servizi d’ordine organizzati da partiti e sindacati per evitare che le solite contestazioni diventino pericolose. Ha i tatuaggi e i bicchieri di birra dei ragazzi dei centri sociali che urlano contro la Nato e ballano sulle note dei Modena City Ramblers. Ha persino le idee dei no vax che chissà perché si infilano in mezzo al popolo delle falci e martello, ai missili di cartapesta con a bordo i pupazzi di Biden e di Putin, con i loro striscioni e gli slogan fuori contesto.

 

Ma ha soprattutto i colori arcobaleno delle bandiere della pace e il tricolore dei fazzoletti annodati al collo dei figli dei partigiani, come Marianna Corte, che sfila col marito Maurizio, al posto dei genitori ormai troppo anziani per andare in manifestazione. È il corteo della Liberazione, 77 anni dopo la sconfitta del nazifascismo, e due anni dopo lo scoppio della pandemia durante la quale al massimo si poteva stare alla finestra a cantare Bella ciao.

 

Un lungo, chiassoso serpente umano con tante anime diverse, che convivono per un pomeriggio in una stessa enorme piazza, in quel centro della città che diventa il palcoscenico per tante manifestazioni parallele nella stessa identica manifestazione. E sono le parole dei partecipanti a spiegare in tanti significati diversi che ognuno ha attribuito alla giornata. “Sono una mamma, sono un’ucraina, abito qui da vent’anni, ho i figli, la mia famiglia, sfilo oggi per chiedere la fine della guerra che insanguina il mio paese, qui con me ci sono tante altre donne, tutte arrivate nelle ultime settimane, donne sole, donne con i bambini piccoli, donne che hanno lasciato i mariti a combattere e i genitori anziani nascosti nei rifugi sottoterra”, racconta Marya, 45 anni, un piccolo bastardino dal pelo fulvo che la segue per tutta la manifestazione, dietro allo striscione “Aiutiamo la resistenza ucraina a liberarsi dall’invasore russo”. Sono migliaia gli ucraini, quelli che già stavano qui prima della guerra e quelli che sono arrivati dopo il 24 febbraio. Sfilano a metà del corteo, lo tagliano come in due. Davanti la parte più tradizionale, con i partiti del centrosinistra, i sindacati, i Comuni con gli stendardi, le bande musicali, gli ex deportati con i nomi in bianco dei campi di sterminio scritti sui cartelli neri e la folla ai lati che li applaude, commossa. Sempre lì davanti, c’è la Brigata ebraica con le bandiere di Israele, degli Usa, della Nato.

 

Sembra un altro corteo rispetto a quello che riesce a partire da corso Venezia, quando già in Duomo sta per finire il comizio. Dietro, tutta la…

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