Scala dei Turchi, il precedente attentato di Domenico Quaranta: nel 2002 bombola
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Tanta paura, due intossicati: era l’11 maggio 2002, nel mezzanino della metropolitana di Milano stazione Duomo alle 22 qualcuno dà fuoco a una bombola di gas. Quel qualcuno, dice ora la cronaca che torna, è Domenico Quaranta, siciliano di Favara denunciato con un complice per il raid alla Scala dei Turchi: sarebbe lui, insomma, l’uomo che ha sfregiato il gioiello della costa agrigentina con polvere rossa. E che, nel novembre 2020, aveva attaccato un’altra scogliera, quella di Punta Bianca ad Agrigento.
Un cane sciolto, che all’epoca agì in maniera per fortuna inesperta sull’onda degli attentati alle Torri Gemelle: matrice islamica, stabilirono subito gli investigatori guidati dal procuratore aggiunto Ferdinando Pomarici, anche grazie a quel pezzo di tessuto ritrovato in un cestino a pochi passi dalla bombola incendiata, in italiano con un pennarello blu qualcuno aveva scritto: “Combattiamo per la causa di Allah e non ci fermeremo finchè non vi sarete sottomessi ad adorare un solo Dio. Dio è grande”. Pochi giorni prima era stata fatta esplodere una bombola di gas proprio ad Agrigento, sulla scalinata del tempio di Concordia, e anche per questo episodio Quaranta era stato condannato.
Quaranta viene arrestato due mesi dopo dalla procura di Agrigento: ha 29 anni, ufficialmente imbianchino ma in realtà disoccupato, piccoli precedenti. Viveva con i genitori e da qualche mese si era convertito all’Islam, l’arresto proprio al ritorno dalla moschea vicino casa, in via Brindisi a Favara. “Un fanatico”, la definizione degli inquirenti, che arrivano alla condanna definitiva nel 2006 a 16 anni di carcere per quattro diversi episodi, ed è uscito pochi anni fa.
Le indagini riuscirono a stabilire che il giorno dell’attentato Quaranta era a Milano: aveva posizionato la bombola in un corridoio di collegamento tra la M1 e la M3, nascondendola in una sacca da golf e dando fuoco a quest’ultima, ma le telecamere di sicurezza avevano mostrato subito il fumo ed era scattato l’allarme. I primi a intervenire due poliziotti, che avevano spento le fiamme prima dell’esplosione, restando leggermente intossicati. “Se non fosse stato spento in tempo il fuoco sarebbe stato un disastro – spiegarono i vigili del fuoco -. Prima sarebbe scoppiato il contenitore in ferro e poi sarebbe esploso il gas. Con conseguenze facilmente immaginabili”.
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