Pavia, 13 arresti per ‘ndrangheta di persone vicine al clan di Platì

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I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Pavia, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma e supportato da reparti della Lombardia, Piemonte e Calabria, stanno eseguendo, 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Milano nei confronti di altrettante persone alcune delle quali sarebbero vicine a storiche famiglie ‘ndranghetiste originarie di Platì, in provincia di Reggio Calabria, e radicatesi nel Nord Italia nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza e nel Torinese. Le accuse contestate agli arrestati dalla Procura Distrettuale Antimafia milanese – è scritto in una nota delle Fiamme Gialle di Pavia – vanno, a vario titolo, dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione e porto di armi da sparo fino a episodi di estorsione perpetrati in Lombardia con l’aggravante del metodo mafioso.

Frasi pesanti emerse dalle intercettazioni: “L’ho presa e l’ho messa sul tavolo (l’arma, ndr) … gli ho detto … vedi che ti ammazzo … come ai cani ti ammazzo … e me ne sono andato”. Così si esprimeva, Rocco Barbaro, 30 anni, arrestato assieme al padre Antonio, 53 anni nell’inchiesta sulle storiche famiglie di ‘ndrangheta che si sono radicate nel Nord Italia, in particolare nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza e nel Torinese.

Nell’ordinanza di oltre 100 pagine firmata dal gip Raffaella Mascarino si legge: il 12 dicembre 2019, Rocco Barbaro si recò a casa di una persona per riscuotere “un credito” da 20mila euro su una ‘partita’ di droga e “iniziava a suonare il clacson e chiamarlo a gran voce” e, dato che il debitore non scendeva perché “intimorito”, con uno “stratagemma riusciva ad entrare nell’abitazione e lo minacciava e dopo aver poggiato la pistola sul tavolo, dicendo ‘vedi non voglio arrivare a questo ma tu mi stai portando a queste conseguenze, tu non devi rompere le scatole, vedi che ti ammazzo, come ai cani ti ammazzo'”.

Nonostante fosse incensurato il gip scrive a proposito di Rocco Barbaro, “la pericolosità dell’indagato è emersa chiaramente nell’analisi della presente indagine” come “costante coadiutore del padre Antonio nella gestione del narcotraffico e nelle attività criminali ad esso strumentali (armi ed estorsioni)”.

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