Finti cantieri per le strade per stoccare i mezzi rubati: nove arresti a Milano
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Non solo si fingevano operai, con pettorine catarinfrangenti ed elmetti, per rubare ruspe e mezzi d’opera cercando di non dare nell’occhio. Ma attrezzavano anche cantieri falsi, con transenne e cartelli finti in mezzo alla strada, per parcheggiare l’autocarro rubato in attesa di piazzarlo sul mercato alla volta dell’Est Europa. Avevano messo in piedi un’organizzazione ben funzionante e persino fantasiosa le nove persone arrestate dai carabinieri della compagnia di Rho accusati a vario titolo di estorsione e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati e ricettazione tra Milano, Pavia e Varese. Sette di loro sono in carcere, arrestati martedì mattina in un blitz all’alba con cento militari impegnati al campo nomadi di Chiesa Rossa, mentre due dovranno recarsi dalla polizia giudiziaria a firmare.
L’operazione si chiama Orange Jacket, dalle pettorine fosforescenti dei finti operai finiti agli arresti. L’indagine è nata dal ritrovamento di un’auto – che si scoprirà rubata – fuori da un hotel di Lainate, a fine febbraio del 2020, all’inizio della pandemia. Dopo appostamenti e intercettazioni, si è risaliti a un’organizzazione ben strutturata. Sopralluoghi, studio del percorso per la fuga e per lo stoccaggio del mezzo rubato. Per portare via i mezzi dai cantieri il gruppo, composto per lo più da rom con precedenti specifici tra i 30 e i 50 anni, organizzavano dei convogli di mezzi, uno regolare in coda e quello “rubato” in testa, cercando di non dare nell’occhio per le strade spacciandosi per addetti ai lavori.
Con un giro di sim e telefoni scambiati continuamente tra di loro e targhe di gomma false ben fatte, sono riusciti a portare a termine 13 furti – 16 i mezzi poi recuperati dai carabinieri – e 8 episodi di ricettazione, per un danno patrimoniale di circa 700mila euro. In un caso hanno tentato un’estorsione a un imprenditore. Le indagini hanno permesso di accertare che gli arrestati si servivano di una “base operativa” nel campo nomadi di Chiesa Rossa, e di una “logistica” in un’area industriale di Pieve Emanuele. Una volta stoccati i mezzi per le strade in finti cantieri, ne predisponevano poi il recupero. E con la rete di ricettatori collegata al sodalizio criminale si occupavano di nascondere i mezzi rubati dentro rimorchi di camionisti conniventi – quattro dei quali sono stati arrestati – e di gestirne il trasporto verso la Bulgaria e la Romania.
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