I radicali liberi rendono invulnerabili i tardigradi

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Ormai sono un po’ passati di moda, ma qualche anno fa era impossibile accendere la tv senza sentire la pubblicità di un qualche prodotto che prometteva di risolvere il terribile problema dei radicali liberi – quelle molecole particolarmente attive che possono causare, nelle cellule umane, il cosiddetto stress ossidativo, che a sua volta può provocare danni irreparabili alle cellule stesse. Ebbene, ci sono animali che hanno un rapporto decisamente diverso con i radicali liberi: i tardigradi, i minuscoli “orsetti” che sono famosi per la loro capacità di resistere alle situazioni più estreme, non solo non subiscono danni da queste molecole, ma addirittura le sfruttano per entrare nel loro stato di “invulnerabilità”. Lo dice uno studio pubblicato su PLOS One.

Il potere del tun. Gli orsetti d’acqua sono stati scoperti alla fine del XVIII secolo; da allora ne sono state identificate 1.300 specie diverse, e molti esemplari sono stati sottoposti a esperimenti anche estremi per scoprire i limiti della loro incredibile resistenza: sono stati spediti nello spazio, cotti vivi, surgelati, persino sparati da una pistola. Lo fanno grazie a un superpotere anatomico, chiamato “tun”: è uno stato di quasi totale disidratazione nel quale i tardigradi entrano quando sono in pericolo, e che li mette in un’animazione sospesa che può durare anche anni, e li fa sopravvivere nelle condizioni più estreme.

Il segreto dell’invulnerabilità. Anche per questo nuovo studio, condotto da un team della University of North Carolina, un gruppo di esemplari è stato sottoposto a condizioni estreme: temperature a -80 °C, ambiente sovrasaturo di sale o di zucchero… Il team ha misurato poi la composizione cellulare dei tardigradi prima, durante e dopo la trasformazione, per scoprire quale fosse il trigger che la fa scattare. L’esperimento ha dimostrato che, nel momento della transizione, i tardigradi producono radicali liberi in grande quantità. Questi, a loro volta, invece di fare danni cellulari, si legano subito a un aminoacido chiamato cisteina, ossidandolo: il processo a sua volta fa scattare il tun, e l’animale diventa sostanzialmente invulnerabile (o quasi). Lo studio per ora è stato compiuto su una singola specie di tardigrado, Hypsibius exemplaris, la più usata in questi esperimenti: il prossimo passo sarà scoprire se anche le altre specie usano lo stesso meccanismo, che sfrutta sostanze altrimenti dannose per proteggere l’animale.



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