Scoperte in Portogallo centinaia di api mummificate 3.000 anni fa

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Nel 2019, sulla costa atlantica del Portogallo, tra le due spiagge di São Torpes e Cape São Vicente, un team di paleontologi si è imbattuto in un ritrovamento eccezionale, che dopo quattro anni di studi è stato descritto nel dettaglio in uno studio pubblicato su Papers in Palaeontology. Si tratta di una rarità: centinaia di piccole api fossilizzate e ancora, addirittura, rinchiuse nel loro bozzolo. Una condizione unica che ha permesso ai loro corpi di conservarsi alla perfezione, al punto che l’analisi ha permesso non solo di identificare la specie, ma anche il sesso, e persino il tipo di polline che era stato lasciato nel bozzolo dalla madre come nutrimento per la loro crescita.

Morìa di massa. Normalmente, le api non si fossilizzano: il loro esoscheletro, fatto di chitina, si decompone molto rapidamente dopo la morte, tanto che di solito è più facile ritrovare, intrappolati nella roccia, i loro alveari o i loro nidi. Le api del Portogallo, però, appartenenti al genere Eucera, hanno goduto di una combinazione fortunata di eventi. Erano ancora chiuse nel loro bozzolo, che la loro madre ha rivestito di una sostanza organica e impermeabile che le ha preservate dagli elementi per circa 3.000 anni. Ovviamente, per “fotografarle” prima che emergessero dal bozzolo ci è voluto un evento catastrofico; lo studio non ha ancora identificato quale di preciso, e le ipotesi sono le più varie: le api potrebbero essere morte a causa di un brusco calo delle temperature, oppure essere state travolte da un’ondata di piena che le ha sepolte sotto una massa di acqua e sedimenti.

Nei minimi dettagli. Quale che sia il motivo di questa morìa di massa, la protezione applicata ai bozzoli dalle api adulte si è rivelata particolarmente efficace: l’analisi dei fossili (la tecnica si chiama, per la precisione, microtomografia computerizzata a raggi X) ha, come già detto, permesso di ricostruire nel dettaglio l’anatomia degli animali, e anche dei granuli di polline che le api usano per nutrirsi durante la loro crescita e prima dell’emersione dal bozzolo. Gli esemplari, peraltro, erano già a uno stadio di sviluppo avanzato, ed erano con ogni probabilità a un passo dalla loro prima “uscita all’aria aperta”. Non ce l’hanno mai fatta, ma in cambio ci hanno lasciato un reperto fossile dal valore inestimabile.



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