Abbiamo osservato una mamma di zifio che “piangeva” il figlio morto

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Il lutto è un concetto all’apparenza molto umano, e che dovrebbe avere poco a che fare con gli altri animali: dedicare il proprio tempo a compiangere un altro esemplare morto potrebbe sembrare uno spreco di energie senza alcun vantaggio apparente. Eppure ci sono diverse specie che hanno dimostrato di entrare in lutto di fronte alla scomparsa di un figlio: lo fanno molti primati, lo fanno gli elefanti, e lo fanno anche diverse specie di balene e delfini. E proprio un cetaceo è protagonista di uno studio pubblicato su Marine Mammal Science che documenta per la prima volta una manifestazione di lutto in un esemplare di zifio, una “balena con il becco” che è anche una delle specie di mammiferi marini sulla quale sappiamo meno cose.

In lutto. L’osservazione, documentata anche fotograficamente, è avvenuta nel golfo di Biscaglia, al largo della Spagna, e a bordo di una nave turistica della compagnia Ver Ballenas, che organizza uscite in alto mare per osservare la locale fauna marina. A bordo della nave c’era anche una guida, Gorka Ocio, naturalista che da più di trent’anni naviga in quelle acque, e che ha subito identificato i due cetacei avvistati dall’imbarcazione come zifi. Un’analisi più approfondita (ma sempre da distanza di sicurezza, per non disturbare gli animali) ha rivelato che si trattava di una madre e di un cucciolo maschio, con ogni probabilità il suo – che era però morto da circa 48 ore. La madre era in pessime condizioni fisiche, a dimostrazione che non mangiava da giorni, e nuotava intorno al corpo, immergendosi ogni tanto per sollevarlo sopra il livello dell’acqua.

Dolore e pericoli. Un comportamento del genere non era mai stato osservato in uno zifio, ma è relativamente diffuso tra altri cetacei, ed è sempre stato interpretato come un segno di lutto: inconsolabile per la perdita del figlio, la madre non vuole lasciarlo e sembra tentare anche di “rianimarlo”; durante il periodo di lutto l’animale non mangia e trascura la propria salute. E anche la propria sicurezza personale: gli zifi passano gran parte del loro tempo in immersione a profondità considerevoli e cercano al contrario di minimizzare i periodi passati in superficie, durante i quali sono più vulnerabili ai predatori (orche e squali). All’apparenza, quindi, “sprecare” il proprio tempo a compiangere il figlio morto è una pessima idea; ma come lo facciamo noi, perché non dovrebbero farlo anche gli altri animali?



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