Made in Italy, alimentare e pharma spingono l’export. Al palo solo l’auto

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Cinquantasei miliardi in più, una crescita diffusa in quasi tutti i mercati e che coinvolge, escludendo l’auto, ogni settore della nostra manifattura. Nel primo semestre dell’anno il bilancio del made in Italy è particolarmente positivo, un progresso di oltre il 22% confermato dalla performance di giugno. Mese in rallentamento rispetto al periodo precedente (-2,1%) ma ancora in progresso a doppia cifra su base annua per l’ottavo periodo consecutivo, portando a quota 16 la sequenza di progressi mensili: per trovare l’ultimo segno meno occorre tornare a febbraio 2021.

Corsa delle vendite nel mondo in gran parte legata all’aumento dei prezzi reso necessario per tamponare i rincari di materie prime, energia e componenti, effetto che si traduce nelle rilevazioni Istat di giugno in una crescita di quasi il 24% dei valori unitari con volumi in calo del 2,1%, mentre nel semestre le quantità crescono di due punti percentuali. Traino inflattivo evidente ma comunque mai regalato o automatico, con le imprese italiane a dover fare i conti nei negoziati di aumento dei listini con una concorrenza internazionale sempre più ampia, i cui costi, in primis nell’energia, non lievitano con la stessa forza rispetto a quelli italiani.

L’export nazionale arriva così nei primi sei mesi a quota 306 miliardi, 56 in più rispetto allo stesso periodo del 2021, che in valori assoluti aveva rappresentato il nuovo record. Se lo scorso anno le vendite erano state pari a 516 miliardi, prendendo come riferimento gli ultimi 12 mesi mobili (luglio 2021 – giugno 2022) l’Italia è già a quota 572: di questo passo la soglia dei 600 miliardi nel 2022 è un target non irragionevole.

Tenendo anche conto di una crescita finora corale, che in termini settoriali non fa registrare nel mese un solo segno negativo: l’unico comparto al palo è rappresentato dalle auto, in crescita solo del 3,3%.

Dal punto di vista geografico i progressi sono altrettanto diffusi, sviluppati in modo quasi paritetico sia sui mercati extra-Ue che in Europa, a partire dai nostri due mercati chiave, Francia e Germania, entrambi in crescita di oltre il 15%.

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