Senza alcol o annacquato? «Non chiamatelo vino»: la denuncia di Coldiretti

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Dal vino senz’alcol a quello annacquato, da quello con l’aggiunta di zucchero al vino “in polvere” fino al finto rosato. Sono solo alcune delle pratiche enologiche che si stanno diffondendo nel mondo e in parte autorizzate anche in Europa e denunciate oggi al Vinitaly di Verona dalla Coldiretti con la mostra “Non chiamatelo vino”.
Un trend che molto spesso coincide con vere e proprie pratiche di contraffazione e che deriva dalla diffusione della produzione vitivinicola a territori non sempre vocati e senza una cultura e una tradizione enologica.

«Un esempio – spiegano alla Coldiretti – è la scelta della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine. In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino un prodotto – sottolinea la Coldiretti – in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino».

Va detto che il trend del vino dealcolato o low alcol si sta diffondendo in mercati chiave per il vino made in Italy come gli Stati Uniti dove questi prodotti sono spesso lo strumento di avvicinamento al vino delle nuove generazioni.

Un precedente pericoloso

Fermo restando il legame con le tradizioni del vino made in Italy resta un aspetto: se l’Italia rinunciasse a realizzare vini con meno o del tutto privi di alcol, questo non implica che lo spazio di mercato non venga occupato da altri produttori. Per il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini si tratta comunque «di un precedente pericoloso che apre la strada all’introduzione di derive che mettono fortemente a rischio l’identità del vino italiano, che è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale».

Secondo Prandini «è in atto una demonizzazione indiscriminata, pilotata da alcune multinazionali, che punta ad affermare un nuovo modello alimentare e culturale che danneggia il settore e mette in discussione storia, cultura e valori fortemente radicati nel cibo e nei vini made in Italy, la dieta mediterranea stessa, patrimonio Unesco e il consumo moderato e responsabile che contraddistingue il vino in Italia».

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