A quali cibi rinunceresti per salvare il pianeta?

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La prima cosa da dire sullo studio è che è un’analisi comparata dell’impatto di una vasta gamma di cibi, confrontata poi con le abitudini alimentari degli americani; è quindi geograficamente connotato, e i risultati ottenuti sono direttamente legati alla dieta statunitense – e quindi non per forza applicabili così come sono anche ad altri contesti. L’esperimento mentale però è interessante: la domanda posta dal team di ricerca è “se ti dicessero di rinunciare al cibo più impattante tra quelli che consumi regolarmente, quali benefici ne riceverebbe il pianeta?”.

Una porzione al giorno. Nel caso degli Stati Uniti, il cibo più impattante tra quelli che vengono regolarmente consumati è la carne di manzo: circa il 20% degli americani ne mangia almeno una porzione al giorno. E sono proprio i consumatori abituali quelli che forniscono i dati più interessanti.

Il gruppo guidato da Donald Rose della Tulane University di New Orleans ha calcolato cosa succederebbe se questo 20% degli americani sostituisse la sua dose giornaliera di manzo con una carne meno impattante dal punto di vista ambientale, per esempio quella di tacchino. I risultati? Le emissioni causate dalla loro dieta – o meglio dalla filiera produttiva che porta la carne dagli allevamenti al loro piatto – crollerebbero del 48%, e il consumo d’acqua del 30%. In termini assoluti, questo significa che le emissioni degli interi Stati Uniti calerebbero del 9,6%, e l’uso d’acqua del 5,9%, se appena il 20% della popolazione cambiasse un singolo piatto della propria dieta.

Tacchino e gamberi. Lo studio propone anche i risultati relativi a cibi apparentemente meno impattanti: per esempio, sostituire i gamberi con il merluzzo ridurrebbe le emissioni del 34% mentre, se si parla di acqua, la sostituzione più conveniente sarebbe quella degli asparagi con i piselli, che ridurrebbe il consumo idrico del 48%. Ovviamente è quasi impossibile convincere milioni di persone a modificare la propria dieta da un giorno all’altro, per non parlare dei danni economici; ma lo studio mette in evidenza che anche i cosiddetti “piccoli gesti”, che spesso vengono sottovalutati o, peggio, ridicolizzati, possono avere un impatto enorme.



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