Via al campionato, club in pressing per la riapertura totale degli stadi
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Inutile girarci intorno. Nei prossimi nove mesi la Serie A si gioca il proprio futuro e la possibilità di restare agganciata alla locomotiva del calcio globale. I club italiani, dopo due decenni di mancato sviluppo imprenditoriale (a parte rare eccezioni) e di precario equilibrio finanziario, sono stati travolti dalla pandemia e hanno risentito più di altri delle conseguenze dell’emergenza sanitaria. La stagione 2021/22 che debutta sabato alle 18,30 con i campioni d’Italia dell’Inter che a San Siro affrontano il Genoa e con la sfida tra Hellas Verona e Sassuolo al Bentegodi è perciò decisiva.
Persi ricavi per 1,2 miliardi
Finora la Serie A, come i presidenti della Figc Gabriele Gravina e della Lega Serie A Paolo Dal Pino hanno rimarcato più volte, ha perso ricavi per 1,2 miliardi, principalmente a causa della chiusura forzata degli stadi. Un’altra stagione a porte chiuse o con forti limitazioni sarebbe insostenibile. Da qui il serrato confronto con il Governo e il Cts per ottenere la facoltà di riaprire integralmente. Per ora il compromesso è di una capienza massima consentita del 50 per cento. Le società si augurano che si possa salire al 100 per cento, sempre facendo leva sul green pass, già a settembre dopo la prima pausa per le nazionali. Tutto dipenderà ovviamente dal completamento del piano vaccinale e dall’andamento della curva epidemiologica.
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Il danno delle campagne di abbonamenti
Un danno in ogni caso c’è già stato: l’incertezza ha reso impossibile lanciare campagne di abbonamenti annuali e dunque ha sottratto un’importante linea di liquidità a club in serissime difficoltà, come dimostra un calciomercato a dir poco asfittico. Il problema della riapertura integrale si pone soprattutto per i grandi club che prima dell’esplosione dei contagi di Covid-19 potevano vantare una percentuale elevata di occupazione degli spalti (in particolare la Juventus all’Allianz era ben oltre il 90%, con poco meno di 40mila spettatori). L’Inter viaggiava con una media spettatori superiore ai 60mila e il Milan sopra i 50mila. Per il resto la media di occupazione degli spalti della Serie A è da anni inchiodata al 50%, contro il quasi integrale sfruttamento degli spalti che si registra in Premier e Bundesliga.
Cosa succede all’estero
In ogni caso, in Inghilterra e in Francia, dove si è già ricominciato a giocare la scorsa settimana, non ci sono limitazioni agli ingressi nelle arene. Tra i grandi campionati europei solo in Serie A e in Bundesliga si avranno limiti alla capienza. In Germania dove il fischio d’inizio è fissato per il prossimo 27 agosto, la capienza sarà del 50% ma fino a un massimo di 25mila spettatori (ma in Baviera si scenda a 20mila). La disparità di regole, tuttavia, rischia di creare distorsioni economiche e sportive. Anche nella prospettiva delle gare Uefa. La questione contingente legata alla capienza però non dovrebbe far passare in secondo piano il vero problema degli stadi italiani che è quello della scarsa redditività.
C’è un problema di redditività
Mediamente, infatti, tutta la Serie A incassa dal “botteghino” (biglietti, abbonamenti, hospitality) tra i 350 e 400 milioni…
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