L’inclusione degli stranieri migliora organizzazione e competitività in azienda

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Le aziende più inclusive fanno passi avanti nell’organizzazione, che porta frutti per tutti i lavoratori. Hanno vantaggi nei percorsi di internazionalizzazione e nelle strategie commerciali. In sintesi: diventano più competitive. È questa una delle conclusioni che si trae dallo studio «Una macchina in moto col freno tirato. La valorizzazione dei migranti nelle organizzazioni di lavoro», condotto in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto, nell’ambito del progetto «DimiCome» (Diversity management e integrazione. Competenze dei migranti nel mercato del lavoro), realizzato da Fondazione Ismu e co-finanziato dal Fondo asilo, migrazione e integrazione (Fami).

IN ITALIA VENUTI DA LONTANO

Fonte: Fondazione Ismu

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I risultati raggiunti finora dal progetto – basati sull’analisi dei casi di oltre 60 aziende che hanno puntato sulla diversità come elemento di forza – saranno presentati giovedì 29 aprile in un webinar dalle 11 alle 13 (si vedano le indicazioni sopra).

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Il progetto «DimiCome»

Questa iniziativa ha consentito di raccogliere e sintetizzare i percorsi di gestione della diversity che sono stati fatti in imprese di settori economici e dimensioni differenti. Le aziende coinvolte infatti hanno dimensioni variabili: da grandi società appartenenti a gruppi multinazionali, a piccole e medie imprese (alcuni casi sono raccontati a lato in questa pagina).

Se la gestione dell’inclusione è più nel Dna delle aziende multinazionali, non sempre è un percorso così scontato nelle piccole e medie imprese. «Mentre le multinazionali contemplano la diversity per i profili superspecialistici – spiega Laura Zanfrini, responsabile del settore Economia e Lavoro della Fondazione Ismu – per le nostre aziende questo approccio opera su profili meno specializzati, acquistando per questo ancora più importanza. Si delinea quasi una diversity all’italiana – continua – in cui queste pratiche hanno spesso un forte ancoraggio al territorio di appartenenza dell’azienda, o meglio hanno ricadute su questo».

Le ricadute positive

Peraltro, dai casi analizzati emerge che le buone pratiche messe in campo nell’integrazione dei lavoratori stranieri, si riflettono positivamente anche sugli altri lavoratori. «Lavorare sull’inclusione di persone vulnerabili, come sono spesso i migranti, con percorsi di vita e di lavoro “interrotti” – spiega ancora Laura Zanfrini – può aiutare le aziende a mettere in campo buone pratiche che si riversano sulla generalità dei lavoratori: pensiamo a come facilitare i rientri da periodi di maternità o di malattia».

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