Ritorno alle Isole Galapagos – Focus.it
[ad_1]
Le Isole Galapagos, visitate dal naturalista Charles Darwin tra il 1831 e il 1836 a bordo del brigantino Beagle, in una spedizione che ha fatto Storia, rappresentano ancora oggi un ecosistema unico al mondo, perché ospita specie di piante e animali che non si trovano in nessun altro luogo della Terra. Proprio per questo motivo la Riserva marina delle Galapagos, un’area che copre 133.000 km2 delle acque, lagune e canali dell’arcipelago, protetta dal 1998, è stato uno dei primi Hope Spot (aree che ospitano ecosistemi marini la cui protezione è vitale per la salute degli oceani) studiato dall’organizzazione Mission Blue, fondata nel 2010 dall’oceanografa Sylvia Earle.
Uno scrigno prezioso. La ricchezza di biodiversità delle Galapagos consente, infatti, agli scienziati di dimostrare la reversibilità dei danni causati dall’uomo negli oceani, ma va catalogata e monitorata con strumentazioni all’avanguardia. Per studiare questa preziosa miniera di biodiversità un team di scienziati provenienti da tutto il mondo è partito per una spedizione di due settimane, finanziata da Rolex, nelle acque delle Galápagos con l’obbiettivo di tracciare una panoramica più completa possibile dell’ecosistema marino locale.
Missione (im)possibile. L’intento principale della missione, dunque, era registrare tutta l’attività sottomarina in modo da ottenere un valore di base della salute dell’ecosistema, come benchmark di riferimento per le indagini future. Questo è stato possibile grazie all’impiego di una tecnologia all’avanguardia come il DNA ambientale (eDNA) e i sistemi video subacquei. L’analisi dell’eDNA isola le tracce di DNA animale lasciate nell’acqua, così gli scienziati hanno avuto l’opportunità di registrare dati vitali sulla popolazione di animali poco studiati come i cavallucci marini e le cicale di mare endemiche.
[ad_2]
Read More: Ritorno alle Isole Galapagos – Focus.it