La Fed oggi decide sui tassi: il dilemma è quando iniziare a tagliarli

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Solo un piccolo passo in avanti. Molti analisti non si aspettano altro, dalla riunione di gennaio del Comitato di politica monetaria, il Fomc, della Federal reserve. Tassi fermi al 5,20-5,50% e nessuna promessa per il futuro, associati però, forse, alla rimozione del riferimento a possibili rialzi sul futuro. È a marzo che, secondo i mercati, dovrebbe iniziare la riduzione del costo del credito “ufficiale”. Per la Federal reserve non è una scelta facile: il rischio – come in Eurolandia, ma forse più che in Eurolandia – è che i mercati stiano andando troppo “avanti” rendendo le condizioni finanziarie meno rigide troppo presto.

Il problema dell’ultimo miglio

L’inflazione – misurata dall’indice Pce, preferito dalla Fed – è in calo e questo mostra che la politica monetaria sta mordendo. L’indice complessivo era, a dicembre, in crescita del 2,6%, il core del 2,9% mentre le misure di mercato delle aspettative di inflazione oscillano intorno al 2,3% per il periodo tra cinque e dieci anni. La situazione è quindi migliorata e quasi normalizzata ma l’”ultimo miglio” – hanno avvertito tutte le banche centrali – è il più difficile da percorrere.

Curva dei rendimenti in calo

Il problema degli Stati Uniti – ma non solo – è che la catena di trasmissione sembra orientata in senso opposto a quello restrittivo, che resta necessario per raggiungere e consolidare l’obiettivo: anche un taglio dei tassi, nelle sue prime fasi, ha l’obiettivo di ridurre la restrizione, ma non aprirebbe subito una fase di accomodamento. I mercati sembrano però correre: ka curva dei rendimenti appare oggi più bassa di quella di settembre e, fino al medio periodo, anche di luglio. Solo la parte a brevissimo, che esprime e realizza la politica monetaria resta intorno al 5,50%. Il cambio effettivo del dollaro, pur a livelli superiori alla media di lungo periodo, resta stabile, ma il suo peso sulle condizioni monetarie e decisamente inferiore.

Condizioni finanziarie meno restrittive

Il più completo indice delle condizioni finanziarie elaborato dalla Fed di Chicago sulla base di oltre 100 variabili che coprono l’intera catena di trasmissione della politica monetaria dà segnali simili a quelli della curva dei rendimenti. Anche se il valore “neutro” – per definizione lo zero – non può essere considerato rilevante perché evidentemente la struttura dell’economia americana è cambiata nel tempo, le condizioni diventano via via più accomodanti.

Salari orari ancora molto rapidi

L’incremento dei salari orari, per quanto in calo, resta piuttosto veloce. L’ultimo dato è relativo a novembre e sicuramente – come ha già spiegato Powell nella riunione di dicembre – ci sono segnali di raffreddamento: «La crescita nominale dei salari sembra calare, e i posti di lavoro vacanti sono diminuiti. Anche se il gap nel rapporto posti di lavoro/lavoratori si è ridimensionato, la domanda di lavoro è ancora più elevata dell’offerta di lavoro», ha detto in quell’occasione. Non sembra una…