I cerchi delle fate sono più diffusi di quanto si pensi

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Uno dei fenomeni naturali più enigmatici e affascinanti – quello dei cerchi delle fate o fairy circles – potrebbe essere assai più diffuso e cosmopolita di quanto si pensasse: una nuova mappa globale ricavata grazie a foto satellitari ha infatti individuato almeno 263 luoghi nel mondo dove è possibile trovare queste chiazze di suolo “nudo”, prive di vegetazione e ben distanziate.

Namibia e Australia. I cerchi delle fate sono zone circolari di suolo sprovvisto di vegetazione, delimitate da anelli di erba alta. Questi strani “buchi”, di diametro variabile tra i 2 e i 20 metri, punteggiano le praterie del deserto della Namibia, ma sono state trovate anche in Australia, in una piccola zona a est della città di Newman nella regione di Pilbara. Finora le caratteristiche molto diverse dei due luoghi in cui i cerchi delle fate sembravano unicamente diffusi, avevano reso molto difficile spiegare la loro origine.

Né l’una né l’altra (oppure entrambe). Infatti, una delle interpretazioni a lungo andata per la maggiore – quella che vedeva i loro architetti nelle termiti, che sgranocchiano le radici dell’erba là dove sono presenti i loro nidi – si addiceva ai cerchi delle fate della Namibia ma non a quelli australiani. Mentre nell’80% dei casi i cerchi delle fate della Namibia sorgevano sopra un gran numero di termiti, sotto quelli australiani non si trovava traccia di questi insetti.

Un’altra possibile ipotesi, l’idea cioè che la vegetazione di queste zone aride massimizzi le scarse riserve idriche auto-organizzandosi per concentrare l’umidità e competere con specie più distanti, fatica invece a decollare perché questi due luoghi hanno un tipo di flora molto diversa. 

Allarghiamo gli orizzonti. Se dunque la genesi dei cerchi delle fate rimane un mistero – legato probabilmente a una reazione di organismi viventi alla scarsità d’acqua – lo scienziato ambientale Emilio Guirado, dell’Università di Alicante (Spagna) ha pensato che conoscere meglio come essi sono distribuiti avrebbe aiutato a capire meglio anche come nascono, perché permette di focalizzarsi su che cosa accomuna i loro luoghi d’origine anziché sulle differenze.

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