Dobbiamo tornare a preoccuparci dello spread?
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È in aumento da fine agosto, più che in altri paesi: c’entrano alcune tendenze internazionali ma soprattutto le scelte avventate del governo
Da fine agosto lo spread italiano è in continuo aumento: giovedì è salito sopra i 200 punti base, una soglia che non toccava dalle elezioni politiche dello scorso anno, e questo aumento sta cominciando a creare alcune preoccupazioni a livello politico ed economico. Lo spread è la differenza tra i tassi di interesse dei titoli di stato tedeschi (generalmente bassi perché l’economia tedesca è considerata la più affidabile d’Europa) e quelli sui titoli di stato italiani: è un indicatore di quanto l’economia italiana è percepita come rischiosa dai cosiddetti “mercati finanziari”, cioè l’insieme degli operatori che investono in titoli, che siano azioni di società o titoli di stato. In poche parole, da chi presta soldi allo stato italiano.
Più alto è lo spread e più rischiosa è considerata l’economia italiana. L’aumento dello spread che si vede in queste settimane è conseguenza da una parte di alcune tendenze internazionali e dall’altra di scelte avventate del governo di Giorgia Meloni.
È vero – come ripete spesso il governo – che in parte dipende dall’economia globale che rallenta, dall’inflazione che è ancora alta e dalle banche centrali che aumentano i tassi di interesse per farla scendere. Ma lo spread italiano sta aumentando più di quello degli altri paesi, e questo dipende dal fatto il governo ha deciso di prendere più soldi a prestito del previsto nei prossimi anni, aggravando così il bilancio dello stato, su cui già pesa uno dei più grandi debiti pubblici al mondo. Questo sta facendo preoccupare i mercati, che si fidano meno dell’economia italiana e chiedono interessi più alti per comprare i titoli di stato italiani: in questo modo, lo spread sale.
Per capire come funziona lo spread, e perché il suo aumento è un problema per l’Italia, bisogna partire dai titoli di stato.
I titoli di stato sono il mezzo con cui uno stato ottiene dei soldi in prestito. L’Italia ha bisogno di prenderne costantemente, per finanziare la sua spesa: vende i titoli di stato a una certa cifra, promettendo di rimborsarli entro una certa data a chi li ha comprati. La data del rimborso è la “scadenza” dei titoli di stato. Questi titoli sono comprati da fondi, banche, risparmiatori grandi e piccoli. Ovviamente, l’Italia promette a chi compra i suoi titoli di stato (e dunque a chi le presta soldi) di ripagarli con gli interessi. I tassi di interesse sui titoli di stato, dunque, rappresentano quanto gli investitori chiedono di essere ricompensati per prestare denaro all’Italia.
Come sempre succede gli investimenti più sicuri – quelli che mettono meno a rischio i soldi di investe – permettono di guadagnare meno; mentre gli investimenti che permettono di guadagnare di più, grazie a interessi più alti, sono quelli che comportano però anche i rischi maggiori di non veder tornare i soldi investiti. In altre parole, se sei uno stato e vuoi convincere qualcuno a prestarti i suoi soldi, dovrai offrire un rendimento (cioè il guadagno ottenuto con l’interesse) che…
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