L’eccezionale fossile di una tartaruga di mare vissuta 150 milioni di fa

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L’Europa, 150 milioni di anni fa, era in gran parte sommersa dalle acque dell’Oceano Tetide, e non è quindi difficile trovare fossili di animali marini in zone che oggi si trovano sulla terra ferma. Una delle regioni più famose da questo punto di vista, e importanti per la paleontologia, si trova in Baviera, ed è nota come calcare di Solnhofen: qui è stato ritrovato per esempio il primo fossile di Archaeopteryx, ma anche un’enorme quantità di pesci e rettili marini che testimoniano come, durante il Giurassico, l’area fosse un arcipelago affacciato sulla Tetide. E proprio da questi calcari arriva la tartaruga di mare che viene descritta in questo studio pubblicato su PLOS One: si tratta di un fossile eccezionale, che conserva ancora il guscio, il cranio, la coda e tutte e quattro le zampe dell’animale.

Il tesoro di Solnhofen. La tartaruga di mare appartiene alla specie Solnhofia parsonsi, scoperta per la prima volta nel 1975 dal paleontologo Eugene Gaffney, il massimo esperto mondiale sulla storia evolutiva delle tartarughe. L’esemplare analizzato nello studio, però, è stato scoperto nel 2014, e da allora conservato nella collezione del Dinosaurier Museum Altmühltal di Denkdendorf, un parco/museo nello Stato del Baden-Württemberg. La tartaruga è stata recuperata dalla collezione e studiata solo negli ultimi anni: il giacimento specifico dove è stata scoperta è noto da meno di vent’anni, e ha già restituito una grande quantità di fossili che richiederanno anni per venire preparati e descritti. Certo, guardando il fossile di Solnhofia parsonsi viene da chiedersi come mai non fosse più in alto nella lista delle priorità, visto che si tratta di un esemplare conservato alla perfezione.

Altro che alto mare. Con l’eccezione della terza dimensione, ovviamente: la tartaruga di mare è stata schiacciata dal sedimento nella quale si è fossilizzata, e il risultato è una “frittella” vista dall’alto. La sua (e nostra) fortuna è che il processo di fossilizzazione non le ha fatto altri danni, e l’esemplare conserva ancora tutte le sue caratteristiche anatomiche: è il primo fossile della sua specie con ancora tutte e quattro le zampe attaccate. Questa sua condizione ci permette tra l’altro di farci un’idea più precisa su come vivesse l’animale: aveva la testa molto grossa (lunga il 40% del suo carapace) e soprattutto zampe non adatte alla vita in mare aperto. Quest’ultimo dettaglio smentisce quello che pensavamo di Solnhofia parsonsi: viveva in acque costiere poco profonde, nuotando nei pressi della costa.



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