Alzheimer, un nuovo marcatore monitora la progressione della malattia



Il cervello colpito dall’Alzheimer subisce due tipi di pressioni: quella esercitata dagli accumuli di proteina beta-amiloide, una sostanza di scarto “appiccicosa” che gradualmente forma delle placche al di fuori dei neuroni, e quella dovuta agli aggregati di un’altra proteina, la tau, all’interno delle cellule nervose.

Entrambi i fattori sono neurotossici, cioè determinano la morte delle cellule cerebrali, ma se la beta amiloide è associata alle prime fasi della malattia, la tau subentra in modo più massiccio nella fase più avanzata del declino cognitivo. Finora non esisteva un modo “facile” di misurare la quantità di tau nei pazienti con Alzheimer. Uno studio pubblicato su Nature Medicine ha fatto un importante passo avanti.

Marcatore fedele. Un gruppo di scienziati delle Università di Washington a St. Louis e dell’Università di Lund, in Svezia, ha individuato un tipo di proteina tau facilmente rintracciabile nel liquido cerebrospinale (che permea il sistema nervoso centrale), capace di tracciare la progressione della malattia.

I livelli di questa proteina sembrano infatti andare a braccetto sia con gli aggregati di tau nel cervello, sia con l’aumentare dei sintomi di declino cognitivo tipici dell’Alzheimer.

Lo studio. Questa specifica forma di tau si chiama MTBR-tau243: il team ne ha misurati i livelli nel liquido cerebrospinale prelevato da 667 volontari tra Svezia e Usa che avevano partecipato a studi nazionali sulla malattia di Alzheimer.

Il gruppo di persone con un’età media di 71 anni includeva pazienti sani e pazienti affetti da Alzheimer in fasi diverse della malattia: alcuni con placche amiloidi nel cervello ma senza ancora sintomi cognitivi, altri con aggregati estesi di amiloide e tau e una diagnosi certa di demenza.

Un altro sistema di misura. I ricercatori hanno confrontato le funzioni cognitive dei pazienti con i livelli di varie forme di tau nel fluido cerebrospinale e di amiloide e tau nel cervello. Quelli di MTBR-tau243 nel liquido cerebrospinale sono risultati fortemente correlati sia con la quantità di tau presente nel cervello sia con il deterioramento delle funzioni cognitive.

Si tratta di una scoperta importante perché finora, il metodo standard per la misura della tau nei pazienti era la tau PET (PET sta per tomografia a emissione di positroni), una tecnica di imaging cerebrale molto costosa e presente solo in strutture specializzate. 



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