Intelligenza dei ratti: imparano la strategia migliore

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“Presto e bene non stanno insieme”, dice un vecchio proverbio (con le sue varianti: “non vanno”, “non marciano…”). Significa che ogni decisione che prendiamo è un compromesso: idealmente, bisognerebbe sempre trovare un punto medio tra il fare le cose rapidamente, per non sprecare occasioni, e il farle con giudizio, per avere più elementi per fare valutazioni corrette. Vale anche per gli animali: un carnivoro a caccia, per esempio, deve scegliere se attaccare rapidamente (rischiando, per esempio, di sbagliare la misura del salto) o attendere il momento giusto (che però potrebbe sfuggire). Noi umani abbiamo trovato, chi più chi meno, una giusta misura tra “presto” e “bene”; e ora un nuovo studio pubblicato su eLife dimostra che l’hanno fatto anche i ratti, che sono in grado di programmare sul lungo periodo e quindi di sacrificare ricompense immediate pur di ottenere vantaggi cognitivi a lungo termine. In altre parole, ai ratti piace imparare.

Game of rats. I ratti coinvolti nell’esperimento sono stati addestrati a partecipare a un gioco, che consisteva nel guardare un’immagine e scegliere, entro un intervallo di tempo predefinito, uno tra due pulsanti: uno rappresentava la risposta giusta (che cambiava per ogni immagine) e l’altro, ovviamente, quella sbagliata. A risposta giusta corrispondeva una ricompensa, mentre i ratti che sbagliavano venivano temporaneamente esclusi dal gioco. All’inizio, quasi tutti i ratti sono corsi a leccare uno dei due bottoni senza pensarci troppo, e in questo modo hanno ottenuto una percentuale molto bassa di vittorie. Dopo aver capito che il gioco si ripeteva, però, i ratti hanno cominciato a rallentare e a metterci più tempo a decidere il bottone, con il rischio di “sforare” e perdere la ricompensa.

Il ratto pianista. Prova dopo prova, però, i ratti più prudenti hanno cominciato a imparare tutte le risposte corrette, e nel lungo periodo hanno ottenuto più ricompense di quante avrebbero ottenuto se avessero continuato a gettarsi sui bottoni senza riflettere troppo. Secondo gli autori dello studio, questo è un segno di grande intelligenza e soprattutto progettualità: i ratti non sapevano quanto a lungo sarebbe andato avanti il gioco, ma hanno deciso che imparare le sue regole era meglio che giocare a caso, e che valeva quindi la pena sacrificare un po’ di gratificazione immediata in cambio di una conoscenza più approfondita del sistema.

Andrew Saxe, primo autore dello studio, ha paragonato questo processo all’imparare a suonare il pianoforte: “Non è una cosa che impari schiacciando tasti a caso finché non ci azzecchi.

Devi studiare e fare pratica, anche alle spese di altre attività più immediatamente gratificanti, perché sai che alla fine imparerai e ne sarà valsa la pena”.



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