COP27: un traguardo e molte promesse mancate

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Un accordo di portata epocale e parecchi nulla di fatto: la COP27, la conferenza delle parti sul clima appena conclusa a Sharm el-Sheikh, consegna alla storia una doppia eredità. Da un lato l’istituzione di un fondo per le perdite e i danni (in inglese loss & damage) imputabili alla crisi climatica nei Paesi in via di Sviluppo, dall’altro l’assenza di passi avanti per arginare le cause dei cambiamenti climatici, ossia l’uso sconsiderato dei combustibili fossili.

Da un lato una vittoria diplomatica dei Paesi del Sud del mondo, compatti ed efficaci nel far sentire le loro istanze, dall’altro il lavoro silenzioso delle lobby di gas e petrolio, che sono riuscite ancora una volta a far saltare ogni nuovo impegno di riduzione nelle fonti di gas serra.

Loss and damage. La COP27 sarà ricordata soprattutto per l’istituzione di un fondo internazionale di compensazione per le perdite e i danni, istituito da subito e rivolto in maniera prioritaria ai Paesi “particolarmente vulnerabili” rispetto alla crisi climatica, e cioè non solo esposti ai danni del clima che cambia ma anche incapaci di farvi fronte da soli dal punto di vista finanziario.

Era il punto più atteso tra quelli in agenda e quello invocato a gran voce dai Paesi del Sud del mondo, i meno responsabili delle emissioni dannose fin qui scaricate in atmosfera e allo stesso tempo i più toccati dalle loro conseguenze (siccità, innalzamento del livello dei mari, imprevedibilità delle stagioni, eventi climatici estremi). Averlo approvato significa riconoscere implicitamente la responsabilità morale e finanziaria del modo in cui i Paesi industrializzati si sono arricchiti finora, e cioè a spese dell’ambiente e della salute delle presenti e future generazioni.

Si tratta ora di definire i Paesi davvero vulnerabili – condizione chiesta dall’Unione Europea, che vorrebbe fuori dalla lista i Paesi geograficamente esposti ma con grandi mezzi finanziari e riserve di petrolio come quelli del Golfo; puntualizzare chi contribuirà al fondo (l’UE vorrebbe compresa anche la Cina, storicamente tra i Paesi in via di Sviluppo ma oggi super potenza economica e primo emettitore globale di CO2); e redigere una lista dei danni effettivamente compensabili entro la COP28, compito affidato a un Comitato di transizione composto a maggioranza da Paesi membri del Sud del mondo.

Che cosa è andato storto. Ma sull’altare dell’accordo sono state sacrificate altre attese decisioni per quella che doveva essere la COP…

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