Lori: «Mantova, questa volta vinci a Torino. La notte di 16 anni fa resta un
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Sono passati più di sedici anni da quell’11 giugno 2006 che segnò la storia sportiva di Mantova, con quel «sogno rubato» nella finale per la A e per la prima volta la squadra biancorossa torna a giocare nell’impianto sorto al posto del Delle Alpi, il bellissimo Allianz Stadium della Juventus. Impossibile scacciare i ricordi e non ascoltare chi all’epoca portò l’Acm a un passo dal ritorno nel massimo campionato.
Presidente Fabrizio Lori, 16 anni fa il Mantova perdeva la A e l’Italia vinceva il Mondiale. Ora l’Acm fatica in C e gli azzurri guardano le sfide in Qatar in tv. Sembra passato un secolo…
«Sì, è vero, anche se confesso che quell’estate ero talmente triste che non riuscii nemmeno a festeggiare il successo dell’Italia. Quando sai che tu meriti e invece vanno su gli altri… Non dico che ero schifato ma molto, molto deluso sì».
Ci pensa ancora a quella serata?
«Certo, è inevitabile. Adesso poi che il Mantova torna a giocare lì, anche se in un impianto diverso, ancora di più. Quella che giocammo noi fu l’ultima partita disputata al Delle Alpi e forse una delle più viste di quell’anno. Ricordo che a Notari arrivò un messaggio da Del Piero, che era in Germania con la Nazionale, in cui gli diceva “stasera vi guardiamo e vi aspettiamo in serie A”. Ironia della sorte, l’anno dopo Mantova e Juventus si trovarono sì, ma in B».
L’amarezza è ancora tanta, vero?
«Sì, rimane la consapevolezza di aver subìto un’ingiustizia. In tre anni saremmo arrivati dalla C2 alla A, era una cavalcata stupenda, quello era il nostro anno. E invece andò come tutti sapete. Credo che ogni tifoso mantovano ricordi bene e che quelli che andranno domenica a Torino proveranno un’emozione particolare, anche se si giocherà in uno stadio diverso. Bellissimo, ma dove gli spettatori di quel Torino-Mantova (quasi 60mila) non ci starebbero. Quella fu una sfida davvero speciale, tant’è che qualche tempo fa ho letto un’intervista a Cairo che la indicava come la più grande soddisfazione dei suoi anni da presidente granata. Dal loro punto di vista fu una grande impresa, la realtà è che ci rubarono un sogno. Qualcosa che meritavamo tutti: giocatori, staff, società, tifosi, città… C’era un’alchimia perfetta, era come se corressimo tutti insieme verso un comune obiettivo. E non lo centrammo perché il sistema ce lo impedì».
Da allora, tolti i successivi anni di B, il Mantova non ha avuto molte soddisfazioni. Lei come l’ha vista dall’esterno?
«Quando in D ripartì Bompieri si vinse subito il campionato (e non è mai facile, in nessuna categoria) e sembrava si potesse risalire la china, poi si sono succeduti tanti altri presidenti che non si capiva nemmeno cosa volessero fare. Per fare bene occorrono continuità, passione e ambizioni, oltre ovviamente ai mezzi finanziari».
Lei in realtà provò anche a dare una mano anni fa rientrando come collaboratore della società, ma non finì benissimo…
«Chiamato dal Mantova, in quel caso non sono riuscito a dire no. Ma in realtà se non puoi incidere e vieni usato come parafulmine, meglio evitare».
E il Mantova attuale?
«Vedo che fa un…
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