Giornata mondiale degli oceani: come salvarli

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Perché è importante la Giornata mondiale degli oceani dell’8 giugno? Perché dal mare, che l’uomo sta facendo collassare, dipende la vita della Terra. Pesca intelligente, pulizia, ricostruzione degli habitat, surriscaldamento: la transizione ecologica dovrà toccare tutti questi temi, ma ci vorranno anni prima di poter vedere dei risultati. Il nuovo Focus in edicola, Difendiamo il mare, racconta tutto questo nel dossier a cura di Ferdinando Boero e Roberto Danovaro, dal quale vi proponiamo un estratto.

Cresce la temperatura degli oceani. I cambiamenti climatici globali sono la causa dell’aumento della temperatura superficiale degli oceani: si stima che entro il 2100 aumenterà di 1-4 °C. Con il riscaldamento degli oceani, cambia la circolazione dei mari, cambiano i regimi di evaporazione e, con essi, le precipitazioni sulla terraferma. Tutto questo ha effetti sui cicli biologici delle specie in mare e sulle loro difese immunitarie nei confronti delle malattie, che appaiono sempre più frequenti e diffuse. Sono moltissimi gli organismi che stanno già subendo le conseguenze di questi processi, e metà della Grande barriera corallina australiana è in regressione.

Le specie tropicali colonizzano anche gli ambienti che prima erano troppo freddi per loro e sostituiscono le specie di acque temperate o fredde che, a loro volta, o si spingono in profondità o si spostano verso i Poli. La diffusione di specie aliene sta alterando le reti trofiche e il funzionamento dei nostri mari.

Si alza il livello del mare. I cambiamenti climatici globali provocano anche il progressivo innalzamento del livello del mare, mettendo a rischio gli ambienti costieri. C’è poi il problema dell’acidificazione degli oceani: è dovuta all’eccesso di anidride carbonica nell’atmosfera che, sciogliendosi in mare, produce acido carbonico. L’effetto è quello di alterare i processi di formazione degli scheletri calcarei di coralli, crostacei e bivalvi, con forti impatti anche sulla biodiversità.

A questo si aggiunge la deossigenazione degli oceani, con la progressiva estensione di aree anossiche e quasi del tutto prive di vita: sono zone morte, come quella che si forma nel Golfo del Messico, che periodicamente copre anche oltre 22.000 km². I fertilizzanti usati in agricoltura e portati in mare dal fiume Mississippi provocano un’esplosione di alghe microscopiche: quando muoiono, il processo di decomposizione a opera di batteri consuma l’ossigeno nell’acqua. E lo stesso problema si ha nel mar Baltico. 

I coralli muoiono. Poi…

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