Distretto delle caldaie a idrogeno per salvare 7mila posti di lavoro
Il Veneto si candida a essere il campione mondiale della transizione energetica, anche per salvare una filiera da 7mila posti di lavoro nell’industria del riscaldamento. Certo, «La Cupertino dell’energia, a tutti gli effetti, lo è già. È l’unica regione in Europa che ha imprese, centri di ricerca e sviluppo, know how, competenze tecniche e università tali da poter aprire una nuova via energetica nel riscaldamento. Siamo unici a livello tecnologico. Per trovare competenze paragonabili bisogna andare in Giappone».
Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza, ha chiamato ieri a raccolta i protagonisti dell’industria, ma anche della ricerca e delle istituzioni, nella sede di Baxi, a Bassano del Grappa, per fare il punto su quella che «non è una semplice transizione ecologica: è una rivoluzione. E come tale non sarà né semplice né neutra, anzi. Dalle decisioni che prenderemo ora, come Sistema territoriale fatto da imprese e governo regionale, dipenderà il futuro di 7.000 persone che lavorano nell’industria del riscaldamento del Veneto e delle loro famiglie».
L’industria del riscaldamento in Veneto conta 40 aziende, fra costruttori e subfornitori, nomi come Riello, Ferroli, Fraccaro, Blowtherm, Mut, Lovato, per un fatturato di 2 miliardi. Fra queste, oltre a Baxi con il direttore generale Alberto Favero, anche Polidoro, di cui è presidente la stessa Dalla Vecchia e che produce bruciatori a gas, e Pietro Fiorentini (soluzioni tecnologiche per il sistema multigas), rappresentata dal manager R&D Claudio Imboccioli; ospite anche l’assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato, perché proprio dalla politica il settore attende le necessarie certezze. Il cambiamento climatico – e ora anche il conflitto scatenato dalla Russia – spingono le politiche a livello europeo a puntare non più sul gas, che alimenta oltre alle aziende anche le caldaie di casa, ma sull’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Ma non è un cambiamento che si può fare in pochi mesi, e soprattutto occorre guardare ai rischi; come quello che le produzioni italiane vadano fuori mercato aprendo le porte delle case italiane a caldaie elettriche e a pompe di calore (da non confondere con gli split dei condizionatori con questa funzione) che ora sono appannaggio di produttori esclusivamente del Far East.
La soluzione – spiegano le imprese – c’è, e consente di agire su due fronti: abbassare in tempi brevi le emissioni nocive, dando il tempo di sviluppare nuovi prodotti senza spalancare le porte alla concorrenza e difendendo, sul territorio, competenze e posti di lavoro. Di qui la chiamata a tutti i soggetti interessati – presenti Snam, l’industria del riscaldamento europeo (EHI) e l’associazione italiana per idrogeno e celle a combustibile (H1IT) – per lavorare sul progetto di fare dell’area allargata che si sviluppa tra Verona, Vicenza e Padova il distretto della transizione energetica, «capace di sviluppare progetti unici al mondo che portino le produzioni dei prodotti dei prossimi decenni in Veneto. E lo può fare se le istituzioni pubbliche e le imprese come le nostre lavorano…
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