Il tuffo a vite del delfino cacciatore-acrobata

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Fleur Visser è la biologa dell’università di Amsterdam che ha fondato Kelp Marine Research, un’organizzazione di ricerca specializzata nello studio del comportamento dei cetacei, in particolare, ma non solo, di quelli del Mediterraneo. Recentemente i suoi studi l’hanno portata a studiare il grampo, o delfino di Risso (Grampus griseus), un animale molto comune anche nei nostri mari e che, come ha notato la ricercatrice, tutte le volte che si immerge per andare a caccia compie una curiosa rotazione del corpo.

A che pro? Per capirne lo scopo, Visser e colleghi hanno studiato centinaia di immersioni; i risultati delle loro osservazioni sono pubblicati su Royal Society Open Science.

Per scoprire i segreti del tuffo a vite, il team ha individuato sette grampi e ha montato su di loro un biologger, un piccolo strumento capace di registrare una serie di dati – movimenti, suoni emessi, profondità dei tuffi. In totale hanno registrato e analizzato 226 diversi tuffi, che hanno portato gli animali a profondità variabili tra i 20 e i 600 metri.

Cosa sappiamo. La prima cosa che hanno notato è che la tecnica usata dagli animali quando si tuffano è sempre la stessa: si immergono in diagonale, poi esalano tutta l’aria che hanno nei polmoni e danno la prima “girata” al corpo. Dopo questa preparazione cambiano l’angolo di immersione e scendono “in picchiata”, nuotando a 9 km/h e raggiungendo profondità fino a 600 metri. È proprio durante questa picchiata che compiono le altre rotazioni.

Una volta arrivati dove vogliono loro, i grampi smettono di ruotare e cominciano a usare la loro capacità di ecolocazione per individuare le prede. In altre parole, questi animali pianificano i loro tuffi. Le rotazioni iniziali servono ad acquistare velocità e a “trapanare” l’acqua, permettendo al delfino di raggiungere la profondità che preferisce. Solo a quel punto entrano in gioco gli altri strumenti di caccia: i grampi sanno che le loro prede preferite vivono solo a una certa profondità, e hanno trovato un modo per arrivarci rapidamente senza sprecare troppe energie nell’immersione.

Non sempre si avvitano. Lo dimostra anche il fatto che quando invece scelgono di tuffarsi a bassa profondità (nel caso in cui sappiano che c’è cibo anche lì: di solito succede di notte) non ruotano, ma si limitano a scendere in verticale, perché devono coprire distanze minori e non hanno bisogno di una spinta.



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