Attività umane e salute dei fiumi
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Uno studio pubblicato su Nature Communications dimostra che molti dei fiumi più grandi del Pianeta stanno subendo cambiamenti significativi nella loro composizione chimica a causa, soprattutto, delle attività umane. In particolare, lo studio mette in luce un aumento dei livelli di elementi come calcio, potassio, cloruri e bicarbonati, tutte sostanze che poi finiscono negli oceani – alterando anche questi.
Nell’arco di quasi un decennio un gruppo internazionale di ricercatori ha creato una banca dati globale di dati di deflusso e concentrazione di tali sostanze (dati che per alcuni elementi abbracciano più di un secolo) per circa 150 grandi fiumi, ossia che possiedono un bacino di raccolta delle acque superiore a 1.000 chilometri quadrati. Tra questi vi sono il Colorado e il Mississippi (USA), il Rio delle Amazzoni (Sud America), il Congo (Africa), il Reno (Europa), i fiumi Giallo e Yangtze (Cina) e il Murray (Australia). Nello studio, i ricercatori affermano che un’analisi dettagliata di questi dati mostra che nel solo ultimo decennio ci sono stati aumenti significativi nei flussi totali dai fiumi agli oceani di cloruri (+81%), sodio (+86%) e solfati (+142%), e questo vale per tutti i fiumi del Pianeta, non solo per quelli studiati in dettaglio. Va anche sottolineato che le acque dei fiumi non sono alterate tutte allo stesso modo: ad esempio, non tutti presentano un aumento dell’acidificazione, anzi, per alcuni si ha proprio la tendenza opposta – perché tutto dipende dalle attività dell’uomo all’interno dei bacini idrici.
Sindrome fluviale. Le alterazioni si riscontrano in particolare tra le regioni polari e tropicali, dove l’urbanizzazione e l’agricoltura sono più intense – tuttavia forti alterazioni (in particolare acidificazione) sono state riscontrate anche nelle regioni equatoriali. Con circa 6.400 milioni di tonnellate di sostanze chimiche varie che ogni anno dai fiumi raggiungono i mari, i cambiamenti indotti non possono che portare a conseguenze dannose per l’uomo e per gli ecosistemi. Lo studio, che è il risultato di quasi un decennio di ricerche congiunte da parte di accademici di università cinesi, degli Stati Uniti e del Regno Unito, ha seguito in particolare i processi legati all’agricoltura, all’estrazione mineraria e ai grandi sbarramenti (le dighe). Queste attività hanno portato a sette profonde alterazioni, chiamate sindromi fluviali: salinizzazione, mineralizzazione, desalinizzazione, acidificazione, alcalinizzazione, indurimento e addolcimento.
È urgente mitigare il problema. Per Alistair Borthwick (University of Edinburgh, UK), uno dei ricercatori, «i fiumi sono di immensa importanza per la sostenibilità…
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