Mantova, il magazzino era abusivo: il Tar condanna la cartiera

Respinti due ricorsi presentati dalla società Villa Lagarina contro il Comune. Legittima l’ordinanza di sospensione dei lavri e di demolizione  

MANTOVA.   Opere abusive e, quindi, da demolire. O quantomeno, meritevoli di essere sanate con una multa, come poi è avvenuto. I giudici amministrativi del Tar di Brescia hanno respinto due dei tanti ricorsi presentati da Cartiere Villa Lagarina contro le ordinanze del Comune che avevano bloccato il tentativo della società di accelerare la messa in funzione dello stabilimento di viale Poggio Reale dopo averlo rilevato dalla Burgo.

Il Comune può esultare nella consapevolezza di agito secondo la legge. E, soprattutto, non dovrà restituire la multa già pagata dalla società (circa 212mila euro). La parola ora passa eventualmente al Consiglio di Stato. I ricorsi presentati da Cartiere Villa Lagarina, proprietaria della cartiera Pro-Gest, riguardavano il magazzino per la cartaccia, due capannoni prefabbricati, che il Comune aveva ritenuto abusivi.

Nel primo ricorso la società invocava il silenzio assenso sul permesso di costruire per i due capannoni, mentre nel secondo veniva contestata l’ordinanza di demolizione delle opere abusive. I giudici li hanno riuniti in un’unica sentenza che li ha respinti, condannando Cartiere Villa Lagarina al pagamento delle spese legali: 5mila euro al Comune e 2mila euro in totale al ministero per i beni culturali e alla sovrintendenza.

Nel 2017 la società presenta istanza per ottenere il premesso di costruire con cui realizzare due capannoni in cemento armato prefabbricato, uno a nord e l’altro a sud della stabilimento. Il Comune dice no perché in quel momento è ancora in corso in Provincia il procedimento per la valutazione di impatto ambientale. La cartiera non ci sta e, dopo aver pagato il contributo di costruzione (663.621 euro), comincia i lavori. Due sopralluoghi della Polizia locale condotti nell’agosto 2018 accertano l’avvio del cantiere e, quindi, il 17 settembre successivo il Comune ordina la sospensione dei lavoro in assenza del necessario titolo edilizio. La società invoca il silenzio assenso perché l’amministrazione comunale non si sarebbe espressa entro i 60 giorni canonici e presenta il primo ricorso al Tar, a cui seguirà, nel 2019, il secondo contro l’ordinanza di demolizione.

Subito dopo la cartiera fa domanda di sanatoria che viene accolta dopo il pagamento della relativa sanzione. I giudici respingono il primo ricorso ritenendo che il silenzio assenso non può essere invocato perché non tutta la documentazione presentata era completa e in regola (per esempio, mancava ancora la Via provinciale per l’aumento della capacità produttiva dell’impianto). Inoltre, la stessa cartiera aveva poi presentato una documentazione sostituiva di quella originariamente depositata. Allo stesso modo è stata ritenuta legittima l’ordinanza di…