Sos Valli del Mincio, sotto la lente c’è l’agricoltura
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«Su 200 chilometri di canali in mezzo ai canneti delle Valli del Mincio, meno di una decina sono rimasti percorribili, il resto è intasato». A lanciare l’allarme all’Arci Virgilio dove è stato presentato il “Libro Bianco sullo stato della riserva naturale”, è stato Gilberto Venturini del Tavolo del Mincio, che riunisce oltre 30 associazioni e monitora lo stato di salute dell’enorme area umida. Una pubblicazione che dà indicazioni preoccupanti sulle condizioni del fiume e delle Valli messi a dura prova «dalle pratiche di agricoltura intensiva – ha proseguito Venturini – che porta nelle acque nutrienti e sostanze che favoriscono la crescita di specie alloctone e infestanti».
Ma sotto accusa, a detta dei relatori, ci sono anche le pratiche di tutela delle Valli a carico degli enti istituzionali, Parco del Mincio in particolare: «L’obiettivo degli enti – ha detto Andrea Fiozzi del Tavolo del Mincio – è di tutelare le aree umide con interventi mirati, ma le forme di gestione fino ad oggi non sono riuscite a raggiungere questo obiettivo». Osserva Fiozzi che «stiamo parlando di mille ettari di terreno rispetto ai quali, dopo gli anni ’70, la manutenzione si è interrotta e le pratiche agricole intensive hanno inciso sull’equilibrio dell’area. Manutenere i canneti ha reso vive le aree consentendo il processo di fitodepurazione, utile a mantenere le acque pulite dal Mincio ai laghi».
I canali sono sempre più interrati, ha spiegato Fabio Severi degli Amici di Rivalta che i canali li chiama per nome e oggi fatica a riconoscerli: «Viene sottratta sempre più acqua – ha detto – a favore dell’agricoltura e canali come l’Osone riversano nelle acque delle Valli sedimenti pesanti che intorbidiscono l’acqua». Fiozzi ha ribadito come «Regione e Parco abbiano cercato di intervenire nella manutenzione coinvolgendo gli agricoltori e garantendo contributi per tenere puliti i canali, ma senza raggiungere gli obiettivi sperati».
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