Cosa mangiavano gli astronauti delle prime missioni spaziali?



“Nessuno va nello spazio per il cibo, però la vista è stupenda”, ha dichiarato Don Thomas, ex astronauta Nasa con un totale di 44 giorni in orbita. In realtà, il cibo è importante e gioca un ruolo significativo sia sull’efficienza sia sul morale degli equipaggi. Al punto che, quando un piatto è particolarmente riuscito, finisce con l’essere riproposto a più riprese, come dimostra quanto richiesto da Mark Polansky, comandante dello Shuttle Endeavour nel 2009 per due settimane di volo: cocktail di gamberi per colazione, pranzo e cena. La consistenza dei gamberi sopravvive infatti alla liofilizzazione e alla reidratazione meglio di altri alimenti, quindi dal punto di vista del gusto non ha rivali. La messa a punto dei menu “spaziali” è un’impresa complicata, più scientifica che gastronomica, e infatti sono i centri di ricerca – e non gli chef – che, dalle prime missioni a oggi, hanno dovuto affrontare la questione.

Come fanno gli astronauti a mantenere il cibo “nel piatto” e farlo arrivare in bocca ?

Il problema è che nello spazio i sapori e le consistenze vengono totalmente alterati. Sulla Terra i fluidi corporei si depositano verso i piedi, ma in condizioni di gravità ridotta si muovono verso la parte superiore del nostro corpo, creando una sensazione simile a una congestione nasale. Il che, come sa chiunque mangi quando è influenzato, modifica i sapori. Anche gli aromi si diffondono diversamente in atmosfera controllata e in condizioni di microgravità: dato che l’80% di ciò che chiamiamo “sapore” deriva dall’olfatto, si capisce la difficoltà di creare piatti gustosi. Per riattivare le papille gustative, molti astronauti prediligono cibi speziati, come i peperoni e i sapori piccanti come rafano o wasabi. In compenso il sapore dolce risulta intensificato, mentre sale e pepe devono essere in forma liquida, altrimenti i granelli potrebbero essere respirati o finire negli occhi. E poi ci sono altre difficoltà, quali mantenere il cibo “nel piatto”, farlo arrivare in bocca all’astronauta ed evitare la “migrazione dell’umidità”, cioè il fatto che la parte liquida di un alimento si separi dal resto della pietanza.

Il primo pasto nello spazio di Jurij Gagarin? Purea di carne in un tubetto “da dentifricio”

Questi problemi spiegano perché per lungo tempo i piatti spaziali abbiano lasciato a desiderare. Il primo pasto consumato nello spazio dal cosmonauta russo Jurij Gagarin nel 1961 era purea di carne messa in un tubetto “da dentifricio”, seguito…



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