Scontri prima della partita, a processo in cinque
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Vittima di un errore, di uno scambio di persona che gli sta rovinando la vita. Che lo costringe a casa quando gioca il Mantova e gli nega la gioia di applaudire la figlia campionessa di atletica leggera. Respinge ogni accusa, l’ultras trentenne finito nel ventaglio dei dodici tifosi accusati di rissa e “possesso di oggetti atti ad offendere”.
La spedizione
Il parapiglia scoppiò il 7 novembre del 2021, quando un gruppo di ultras padovani puntò al circolo Arci Donini di piazza dei Mille, sicuro di trovarci a pranzo i rivali biancorossi, in ossequio a un rito pre-partita. Fu una spedizione per sorprendere e far male, obbedendo a una febbre violenta, estranea alla competizione sportiva. Seguirono alcuni minuti di delirio, a colpi di cinture e aste delle bandiere, prima che gli agenti intervenissero a separarli.
A processo
Ammesso al rito abbreviato con altri quattro padovani, P.G. è uno dei due ultras biancorossi finiti a processo. Assistito dall’avvocato Elena Betteghella, in aula l’uomo prende la parola davanti al giudice Gilberto Casari per affermare la propria innocenza e assicurare che lui, quel 7 novembre, non era andato a vedere il Mantova.
«È un errore, il tifoso del video ha le spalle più strette e il viso più affusolato» ribadisce Betteghella, citando come prova anche la mano del suo assistito. Una mano da operaio, che un infortunio ha privato di una falange: peccato che nelle immagini si veda il tifoso incriminato passarsi le dita sul viso. Tutte e cinque, integre.
Il Daspo
A bruciargli, forse più delle accuse, è il Daspo che ancora fino a novembre terrà il tifoso lontano dallo stadio e da qualsiasi luogo dove si pratichi uno sport. Punizione immeritata, secondo Betteghella, che lamenta di non aver potuto opporre alcuna osservazione al provvedimento.
E se il pubblico ministero Mascia Baruffaldi chiede otto mesi di pena (e ottocento euro di multa), l’avvocato ribatte con l’assoluzione per non aver commesso il fatto o per legittima difesa. Oppure, se proprio, il minimo della pena.
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