In gravidanza, la placenta simula un attacco virale per proteggere il feto

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Proprio come uno studente che infila per qualche secondo il termometro nel termosifone per simulare una febbre improvvisa, anche la placenta – l’organo che si forma nell’utero durante la gravidanza – è un’esperta nel fingere un attacco virale in corso. Lo fa per un nobile fine: mantenere vigile il sistema immunitario e proteggere così il feto da eventuali invasioni di patogeni. La peculiare strategia è stata scoperta in uno studio scientifico pubblicato la scorsa estate su Cell Host & Microbe, di recente ripreso su Quanta Magazine.

La risposta immunitaria. L’idea che le cellule possano alzare le loro barriere difensive anche prima di un’infezione viola uno dei cardini teorici dell’immunologia: le risposte antivirali possono distruggere i tessuti e danneggiare le cellule, tanto che appena un’infezione è finita vengono “spente” nel modo più rapido possibile. La placenta, un organo temporaneo che connette il feto alla madre, sembra infrangere la regola. Riesce ad attivare una risposta immunitaria sufficiente a difendere il feto in un momento in cui il sistema immunitario della madre funziona in modo attenuato, per non rigettarlo, e allo stesso tempo a farlo senza danneggiare i suoi organi e tessuti in formazione.

Le cellule della placenta. In un lavoro proseguito per anni, Hana Totary-Jain, professoressa di farmacologia molecolare dell’Università della Florida meridionale a Tampa, ha scoperto che le cellule della placenta usano un’esca, una sorta di finto virus, per ingannare il sistema immunitario e costringerlo ad attivarsi. Sfruttano sequenze di basi ripetute e presenti in più punti del DNA umano, note come sequenze Alu, per formare frammenti di RNA a doppio filamento, una silhouette che le cellule immunitarie riconoscono come tipicamente virale. 

La proteina-segnale. Il sistema immunitario risponde a questo finto virus producendo interferone lambda, una proteina-segnale che comunica soltanto con le cellule all’interno di quel tessuto e non con l’esterno, generando una risposta immunitaria più moderata e sostenibile nel lungo periodo. Non è chiaro in che modo la placenta riesca ad attivare soltanto quel tipo di interferone, e non altre proteine immunitarie più reattive.

Il sospetto è che possa permettersi certi “rischi” perché viene scartata alla nascita e non rimane nel corpo materno. Ma anche che lo stesso “finto attacco virale” sia più comune di quanto si creda e possa essere messo in atto anche da altri organi e in altre situazioni.



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