Ostaggi di Hamas, la rabbia delle famiglie contro Netanyahu: «Ci hai tradito»-

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — I figli, i fratelli, i padri. Dei 138 ostaggi rimasti nelle segrete di Gaza la maggior parte sono uomini, un centinaio compresi gli stranieri, i thailandesi che lavoravano nei campi attorno alla Striscia e sono stati rapiti all’alba del 7 ottobre. «Adesso non è possibile riportarli tutti indietro» ha esplicitato il premier Benjamin Netanyahu ai famigliari che martedì sono riusciti a incontrarlo dopo giorni di attesa, la speranza di rivederli è invece sempre lì da oltre due mesi.

«Un incontro vergognoso», ha commentato Danny Miran, è il padre di Omri portavo via dal kibbutz Nahal Oz. Danny ha 78 anni, tre in più dello Stato di Israele, di guerre ne ha vissute tante, sa che quando i maschi restano indietro «alla gente già importa meno» come dice Omer il cui fratello maggiore è ancora prigioniero. Questo è un Paese che in passato ha negoziato soprattutto la restituzione di soldati catturati in battaglia, difendendo la promessa che nessuno potesse essere abbandonato. Allo stesso tempo — temono i parenti — la logica crudele di Hamas rischia di essere in qualche modo comprensibile ai generali: tutti gli uomini in età per il servizio militare anche se civili (e compresi i riservisti l’età può spostarsi molto in avanti) sono in qualche modo sempre in divisa. Per loro — spiega l’esperto Gershon Baskin al New York Times — gli jihadisti punteranno a ottenere un prezzo molto alto.

Hagai Levine è il medico che assiste le famiglie degli ostaggi. Ha curato quelli usciti dalla prigionia: Hanna Katzir è arrivata con danni al cuore di cui non soffriva, Maya Leimberg, 17 anni, è stata confortata dall’aver con sé la cagnolina, per quasi tutti l’isolamento è stato asfissiante. Levine conosce le condizioni di salute di quelli ancora tenuti, alcuni dei ragazzi portati via dal festival rave nel deserto — di fatto pacifisti che potrebbero esser soldati, secondo la visione binaria e oscurantista di Hamas — soffrono di patologie croniche: «Senza le cure, il dolore può diventare insostenibile». Haaretz sostiene che forse è anche tempo di aggiornare le regole di salvataggio propugnate nel XIX secolo: in uno scontro di forze, i fragili vengono prima. E non sono necessariamente le donne.

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