come è cambiata in 50 anni

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 Festeggia il suo primo mezzo secolo di vita l’Imposta sulle persone fisiche. Istituita nel 1973 è entrata in vigore l’anno dopo, con ben 32 aliquote che andavano dal 10% al 72%, e 50 anni dopo, nel 2023, si prepara a un restyling che la vedrà operativa nella sua nuova versione il prossimo anno. Prima ancora era chiamata l’imposta di ricchezza mobile, che entrava in vigore nel 1846 con un’unica aliquota, e introduceva il primo prelievo sui redditi dall’Unità d’Italia. Il punto di partenza rappresenta anche il punto di arrivo, con un ritorno al passato che oggi si chiama flat tax ed è l’obiettivo finale della riforma fiscale. Intanto si procede per passi, con il passaggio dalle 4 aliquote di quest’anno alle 3 che saranno introdotte il prossimo anno.

Irpef, come è cambiata in questi 50 anni: obiettivo flat tax

Nel tempo il tributo è stato rivisto svariate volte e oggi garantisce il 37,8% delle entrate tributarie dello Stato (205,8 miliardi su un totale di 544,5 miliardi). Il taglio delle aliquote dovrebbe portare a una conseguente riduzione del gettito, che dovrà necessariamente essere coperto con altre entrate. Eppure l’Irpef riesce a garantire un bottino così ricco proprio perché è possibile il prelievo alla fonte dei dipendenti e dei pensionati, che da soli versano circa l’85% dei 205,8 miliardi di gettito; sarà quindi difficile riuscire a trovare un’alternativa altrettanto efficiente.

La prima Imposta sulle persone fisiche era applicata ai redditi da 2 milioni a 500 milioni di lire e le sue 32 aliquote sono state applicate fino a quando, nel 1983, c’è stata la prima grande forbiciata che le ha portate a 9. Sei anni dopo c’è un altro taglio, che porta le aliquote a 7 per tutti gli anni ’90 e, con l’arrivo del nuovo secolo, si riducono ulteriormente a 5 aliquote. Nel frattempo anche gli scaglioni hanno registrato notevoli modifiche, raggiungendo i livelli conosciuti oggi proprio a partire dagli anni 2000. Quest’anno l’Imposta sulle persone fisiche viene pagata in base a 4 aliquote, che vanno dal 23% al 43%; stesse percentuali previste per la nuova Irpef, che scatterà nel 2024, ma che prevede un’ulteriore taglio, portando a 3 le fasce di reddito. L’obiettivo finale è quello di arrivare a un’unica aliquota, la flat tax, con un meccanismo di detrazioni sui redditi più bassi che dovrebbe garantire la progressività dell’imposta, e quindi salvare il principio costituzionale, secondo cui il versamento delle imposte deve essere proporzionato al reddito.

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