la famiglia fa causa a Google

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Il 30 settembre dell’anno scorso Philip Paxson, 47enne padre di famiglia del Nord Carolina, è scomparso in un incidente d’auto nei pressi della città di Hickory. Sulla via del ritorno dopo aver festeggiato il nono compleanno di una delle due figlie a casa di un amico, non si era accorto di aver imboccato un ponte crollato nel 2013: precipitato nel fiume sottostante, era morto annegato al volante. Ora, a quasi un anno di distanza, i familiari hanno deciso di fare causa a Google. La ragione è presto detta: come poi emerso, al momento del dramma la vittima stava seguendo le indicazioni di Google Maps, tragicamente rivelatosi non aggiornato. 

Accusa di «negligenza»

Non avesse deciso di trattenersi dall’amico per aiutarlo a riordinare casa dopo la festa, l’uomo sarebbe rientrato incolume al seguito della moglie e delle bimbe. Così però non è stato, il che ne ha segnato la sorte. Non ricordando quale strada avrebbe dovuto percorrere, aveva infatti deciso di affidarsi al popolare servizio di navigazione via smartphone. Peccato tuttavia che Mountain View non avesse mai registrato sull’app l’impraticabilità del ponte malgrado le ripetute segnalazioni ricevute dagli abitanti del luogo (documentate nero su bianco dai legali della vedova). Da qui l’accusa di «negligenza» ai danni del colosso tech, che rischia ora di dover sborsare un ingente risarcimento.

Non c’erano nemmeno le barriere

A onor di cronaca, altrettanto decisiva per la morte di Paxson era stata la totale assenza di barriere lungo la carreggiata dopo essere state oggetto di atti vandalici. Il «ponte sul nulla» (come era stato informalmente ribattezzato dopo il crollo) era perciò diventato un’autentica trappola mortale. A maggior ragione per il 47enne, che stava guidando di sera e sotto la pioggia, dunque in condizioni di scarsa visibilità. «Le nostre bimbe chiedono come e perché il loro papà sia morto, e io non ho parole per loro perché, da adulta, non riesco ancora a capire come i responsabili delle indicazioni GPS e del ponte abbiano potuto agire con così poco riguardo per la vita umana», ha riferito in una nota la moglie Alicia. Non a caso sono state citate in giudizio anche tre società locali ree – sempre secondo l’accusa – di non aver effettuato lavori di manutenzione che avrebbero potuto prevenire l’accaduto.

La risposta di Big G

Ai microfoni dell’Associated Press, il portavoce Google José Castañeda ha espresso alla famiglia Paxson «le più profonde condoglianze» e aggiunto che l’obiettivo della company «è fornire informazioni di percorso accurate in Maps». Per questo – ha dichiarato – «stiamo esaminando questa causa legale». A questo proposito, giusto nelle ultime ore Alicia ha scritto sulla raccolta fondi aperta l’anno scorso a suo favore su GoFundMe: «Nessun esito processuale potrà mai riportare indietro Phil o iniziare a riempire il vuoto che ha lasciato in così tanti cuori, ma noi continueremo a lottare per far sì che i responsabili della sua morte rispondano delle loro azioni e per assicurare che non ci siano altre insensate perdite umane. Siamo grati a tutti coloro che…

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