Guardate le immagini di un drone dentro questa “porta dell’inferno



Il nostro pianeta è pieno di “porte dell’inferno“, che solitamente vengono però associate a fenomeni vulcanici di qualche tipo. Quasi sessant’anni fa, però, in Russia si è aperto un altro di questi portali che, per una volta, non ha nulla a che fare con fuoco e fiamme. Al contrario, si tratta della più grande depressione nel permafrost del mondo, una ferita nel territorio siberiano che è lunga un chilometro, profonda un centinaio di metri e, soprattutto, in continua espansione. Ora, per la prima volta, un drone guidato da una troupe dell’agenzia di news Ruptly ha sorvolato il cratere Batagaika, permettendoci di ammirarlo in tutta la sua enormità – e di notare anche che continua a espandersi.

Com’è nata la porta dell’inferno? Tecnicamente, il cratere Batagaika, il cui nome deriva dal fiume che scorre poco distante, è un thermokarst, un terreno sul quale si è verificato un fenomeno di termocarsismo: succede quando il permafrost si scioglie e riempie il suolo di buchi (che a volte si riempiono d’acqua e diventano laghi) e montarozzi. La porta dell’inferno, il Batagaika, ha cominciato il suo processo di formazione negli anni Sessanta del secolo scorso, in seguito all’abbattimento della foresta che copriva e circondava l’area, che ha reso il suolo meno stabile e più vulnerabile al rapido scioglimento del ghiaccio. Negli ultimi anni, però, l’aumento delle temperature ha accelerato il processo, e in una conferenza del 2016 venne riportata una crescita del cratere pari a dieci metri all’anno nei dieci anni precedenti.

Processo irreversibile. Volendo cercare un lato positivo in questo fenomeno, la formazione della porta dell’inferno ha riportato alla luce anche un immenso tesoro paleontologico, esponendo fossili di animali e piante e una successione di suoli che ci permetterà di ricostruire il clima dell’area negli ultimi 200.000 anni almeno. Insieme a queste scoperte, però, la crescita del Batagaika rischia di riportare alla luce anche immense riserve di CO2 immagazzinata nel suolo, e che potrebbe venire rilasciata nell’atmosfera alimentando un ulteriore riscaldamento del nostro pianeta. In questo caso, purtroppo, c’è poco da fare: il processo è considerato ormai irreversibile, e l’unica cosa che possiamo fare è aspettare che la porta dell’inferno smetta di spalancarsi – e sperare.





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