Il fattore tempo di Zelensky: perché per utilizzare gli F-16 servono almeno 6

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Il fattore tempo nei piani dei due leader. Volodymyr Zelensky è convinto — e non può fare diversamente — che le sue forze alla fine avranno successo nell’offensiva. Vladimir Putin è certo — o scommette — che il nemico si schianterà sui suoi «bastioni» ben difesi. Visioni che formano, a loro volta, schieramenti tra chi studia la crisi. Dagli esperti all’intelligence, con interpretazioni altalenanti.

In questa fase prevale quella pessimista rilanciata dal Washington Post: l’assalto è troppo lento, Kiev non ha molte opzioni, le perdite sono massicce rispetto ai guadagni. Il Wall Street Journal, a sua volta, ribadisce che il conflitto rischia di essere lunghissimo. Per contro c’è chi continua a nutrire speranze, ritenendo che tutto è ancora da decidere e rammenta come le campagne belliche non si chiudano in una settimana e, a volte, neppure in pochi mesi.

Intanto l’Ucraina tenta di mantenere comunque l’iniziativa o, comunque, risponde colpo su colpo. Proprio Zelensky ha promesso vendetta per la strage di Chernihiv provocata da un attacco missilistico degli invasori: parole che possono portare a qualche azione pesante o a una sorpresa, come avvenuto in passato dopo altri massacri.

Intanto i suoi uomini hanno lanciato droni lungo molte direttrici, con risultati non omogenei. Un’incursione sventata a sud di Mosca ha costretto le autorità a sospendere i voli temporaneamente nei due scali della capitale. Altre azioni sono avvenute a Kursk, Belgorod e Rostov. Secondo le fonti russe le contromisure elettroniche (o le batterie anti-aeree) avrebbero stoppato i velivoli prima che potessero centrare i bersagli.

Ben più spettacolare il raid sulla base di Soltsy, a 675 chilometri dal confine ucraino: un bombardiere T22 è stato distrutto e un altro danneggiato. Una missione a lungo raggio condotta con materiale prodotto «in casa», simile a quelli sferrati ripetutamente in Mar Nero con i barchini esplosivi. Sono operazioni che non cambiano i fronti, però servono a minare la sicurezza degli aggressori.

Lo strike ha preceduto l’importante e attesa svolta sugli F-16, con Danimarca e Olanda che hanno dato formalmente il via alla futura fornitura di 42 caccia. Questo però è solo il primo passo: l’esperienza invita alla cautela sulla rapidità del programma come al rispetto delle tabelle di marcia.

Oltre all’invio dei jet serve addestrare i piloti, preparare le squadre per la manutenzione, creare una catena di supporto, con ricambi e centri dove poter «assistere» i velivoli in sicurezza. Alcune previsioni ipotizzano una finestra temporale di almeno sei mesi, periodo durante il quale può accadere di tutto.

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