nominata da Obama, dura con i rivoltosi del 6 gennaio- Corriere.it

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DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK — La giudice federale Tanya Chutkan, che si occuperà della terza incriminazione di Donald Trump, è nota per alcune delle più dure sentenze emesse nei passati due anni nei confronti dei sostenitori dell’ex presidente che presero d’assalto il Congresso degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.

Nominata dal presidente Obama, toccherà a lei presiedere al caso in cui Trump è accusato di aver tentato di sovvertire l’esito del voto del 2020 nei due mesi che culminarono con l’assalto al Congresso. Questa è la seconda incriminazione federale per Trump dopo quella per i documenti da lui trattenuti nella residenza di Mar-a-Lago dopo la fine del suo mandato. Ed è quella in cui potrebbe rischiare di più.

Sarà una giudice nominata da Trump, Aileen Cannon, a presiedere al processo sui documenti requisiti in Florida e i membri della giuria verranno scelti in un distretto che ha eletto Trump due volte nel 2016 e nel 2020.

Quanto all’incriminazione — non federale — nello Stato di New York, la prima che ha coinvolto l’ex presidente, i legali di Trump hanno accusato il giudice Juan Merchan che sovrintende al processo per i finanziamenti alla pornostar Stormy Daniels di avere pregiudizi contro il tycoon – accuse respinte dalla commissione etica della magistratura di New York – ma si tratta di un caso su cui molti esperti indipendenti hanno espresso dubbi sulla fondatezza delle basi legali per una condanna.

Chutkan è tra la ventina di giudici che si sono occupati di 600 casi di «rivoltosi» del 6 gennaio, e ha spesso emesso condanne che prevedono il carcere (da dieci giorni fino a cinque anni) per i 38 casi da lei esaminati, anche se non era raccomandato dal dipartimento di Giustizia: secondo lei, la prigione è un deterrente contro future rivolte di quel genere.

Ha anche emesso un verdetto contro Trump in un altro caso che riguarda il 6 gennaio, quando ha rifiutato la sua richiesta di impedire la consegna di documenti legati al suo mandato alla Commissione di indagine della Camera sull’assalto al Congresso. L’ex presidente sosteneva di poterlo impedire in nome del privilegio esecutivo, anche nonostante il suo successore Biden lo avesse autorizzato. È diventata famosa una frase nella sentenza della giudice Chutkan: «I presidenti non sono re e il querelante non è presidente».

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