I droni che hanno colpito Mosca erano diretti sulle case dei funzionari

I droni che a fine maggio hanno colpito un’area residenziale di Mosca erano indirizzati contro le case di alcuni funzionari dell’intelligence di Putin, e sarebbero partiti dal territorio russo. Alcune fonti informate sull’attacco, in particolare un alto funzionario del governo e un membro dello staff di un parlamentare, hanno rivelato l’obiettivo alla rete americana Nbc: almeno uno degli edifici colpiti — ha aggiunto Strider Technologies, startup di intelligence che analizza dati open source — era legato all’Svr, il servizio estero russo, ma non è chiaro se gli appartamenti degli agenti sono stati danneggiati. «Non era un attacco casuale contro un sobborgo benestante», ha precisato a Nbc Eric Levesque, direttore operativo di Strider. «Era un colpo nella guerra psicologica di questo conflitto, che per la prima volta raggiunge i quartieri di Mosca».

I russi avevano subito accusato Kiev del raid, sferrato a loro dire con otto droni, mentre gli ucraini avevano come sempre negato il proprio coinvolgimento e il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak aveva aggiunto che il suo Paese non aveva «direttamente a che fare» con l’attacco, di cui tuttavia ne prevedeva di nuovi. Una formula sempre più frequente dopo i colpi in territorio russo, con gli uomini di Zelensky che negano il proprio coinvolgimento e al tempo stesso lo lasciano intendere: la stessa dinamica si era verificata nelle scorse settimane con gli attacchi dei partigiani nazionalisti russi nella regione di confine di Belgorod, quando un funzionario dell’intelligence militare di Kiev, Andriy Chernyak, aveva parlato di «cooperazione» con gli estremisti di stanza in Ucraina, pur negando il coinvolgimento dell’esercito regolare.

Negli ultimi tempi questi colpi si sono intensificati. Quelle compiute in territorio nemico — i droni su Mosca, gli attacchi nelle regioni di frontiera, i sabotaggi, gli omicidi di elementi nazionalisti — sono operazioni che provocano insicurezza nella popolazione, distraggono i russi e li obbligano a difendersi, mettono in imbarazzo l’amministrazione americana che ha posto il veto all’uso di armi alleate oltreconfine, ma soprattutto lasciano interrogativi aperti. Chi ha portato a termine l’operazione? Quali armi sono state utilizzate? Kiev era a conoscenza dei colpi? L’esercito di Zelensky era coinvolto? Nel caso dei droni arrivati a Mosca, ad esempio, è stato subito ipotizzato che i velivoli fossero partiti dal territorio russo, perché è difficile che possano aver volato per 700 chilometri senza essere avvistati dalle difese aeree.

Ora fonti di intelligence americane hanno confermato il sospetto alla Cnn: gli ucraini — hanno spiegato alcuni anonimi funzionari — avrebbero coltivato una rete di agenti e simpatizzanti all’interno della Russia, uomini e donne che ricevono i droni poi utilizzati per portare a termine attacchi e sabotaggi, a cominciare da quello contro l’edificio più protetto di Russia. Le cellule — probabilmente con l’appoggio dei servizi ucraini — sono composte da fiancheggiatori e operativi ben addestrati, che si mescolano facilmente alla popolazione civile e a cui vengono forniti…