La vera storia dei sacchi di carbone del pirata Barbanera

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Il pirata più temuto del Mar dei Caraibi in realtà si chiamava Edward Teach (1680-1718), meglio noto come Barbanera. Un uomo dal fascino dannato che ricalca alla perfezione lo stereotipo del “pirata cattivo”: si dice che avesse una lunghissima barba annodata con nastri neri, che bevesse rum con polvere da sparo e che prima di ogni battaglia ficcasse micce accese sotto il cappello, per avvolgersi nel fumo. Barbanera fu tra gli ultimi pirati a cadere e, tra i suoi primati, vanta la cattura di 140 navi.

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Ai “pirati venuti dal freddo”, i Vichinghi, è dedicata la copertina del numero 199 di Focus Storia, attualmente in edicola.
© Focus Storia

All’arrembaggio! Nel 1717 una banda di pirati catturò una nave di schiavi francesi. Tra questi filibustieri c’era proprio Barbanera, che prese possesso della nave e la ribattezzo Queen Anne’s Revenge, in onore della regina Anna d’Inghilterra (1665-1714).

Barbanera, con la sua fregata, infestò i mari tra le Antille e il Golfo del Messico, raccogliendo un super equipaggio di 400 pirati, che accumulò in un solo anno di razzie un tesoro inestimabile.

Dopo un anno di scorribande, però, l’impresa di Barbanera terminò il 10 giugno 1718, quando la Queen Anne’s Revenge si inabissò, incappata in una secca a Beaufort Inlet, di fronte al North Carolina (Usa).

Tesoro sommerso. Dal relitto, scoperto solo nel 1996, nei decenni seguenti sono state recuperate, oltre a oro, mercurio, perline di vetro, l’ancora della nave, una spada probabilmente appartenuta al pirata, anche centinaia di pezzi di carbone.

Un team internazionale di ricercatori universitari della Carolina del Nord, del Kentucky e del Regno Unito, sorpreso da questo curioso ritrovamento, ha deciso di indagare sulla provenienza di questo materiale: «Volevamo capire da dove provenisse il carbone, perché il naufragio risale a un periodo storico in cui non esisteva ancora un mercato dell’estrazione del carbone, questo materiale veniva sì usato a bordo delle navi nel XVII e XVIII secolo, ma in piccole quantità per cucinare o riscaldare alcuni ambienti, non per alimentare un motore, almeno fino al 1870», afferma James Hower, professore presso il Centro britannico per la ricerca sull’energia…

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