Ucraina, il peso delle aspettative di Kiev (e degli alleati occidentali) sulla

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Gli esperti si confrontano su questi aspetti, molto teorici e dunque «instabili».

1) Le attese di Kiev sono diverse da quelle dei «donatori»: Zelensky, in pubblico, non può mettere dei limiti mentre gli occidentali ritengono che per forza di cose l’Ucraina dovrà mirare a risultati raggiungibili. Non per sfiducia ma per una semplice valutazione delle forze in campo. Si è parlato spesso di Melitopol ritenendo che la Crimea sia troppo «lontana».

2) Fissare delle mete troppo alte è rischioso, qualsiasi risultato al di sotto può essere «letto» come un insuccesso. È accaduto anche per Putin: ha marciato verso Kiev e quando sono nate le difficoltà ha ripiegato sul Donbass. Infatti la fase più positiva per la sua Armata è stata quella di contenimento, a difesa delle regioni occupate. C’è una corrente di pensiero che non cela lo scetticismo, ritenendo che la resistenza non abbia ancora i “numeri” per consolidare un eventuale sfondamento. Questa visione è bilanciata da quella “attendista”: gli ucraini bucheranno le linee ma il dopo è un’incognita.

3) È possibile misurare una vittoria con guadagni territoriali (ad esempio la liberazione di città, villaggi, aree), perché è una conquista tangibile e visibile. Però non è detto che poi abbia un impatto generale.

4) Conosciamo solo alcuni elementi delle operazioni, c’è una parte «coperta» e riservata.

Le analisi degli «specialisti» rappresentano la ricerca, ma possono anche anticipare il giudizio dei governi. E in questa crisi pesano, perché Kiev dipende molto da ciò arriva dall’Occidente. Basta un dato ricordato da War Zone: gli Usa hanno fornito circa 4 milioni di munizioni per cannoni, carri armati, mortai. A questi si aggiungono i razzi per gli Himars e i «colpi» per pezzi minori, quindi le forniture degli europei che però continuano ad essere in ritardo: nel corso del 2022 hanno prodotto «solo» 300 mila proiettili per artiglieria. Per recuperare hanno approvato pacchetti sostanziosi al momento frenati da contrasti tra governi e idee diverse.

Da mesi i leader atlantici ripetono che sarà l’Ucraina a decidere del proprio destino, nessuno vuole imporre nulla. Però sappiamo che la coalizione di sostenitori non sempre ha condiviso le scelte militari di Volodymyr Zelensky (come la decisione di tenere Bakhmut) e, al tempo stesso, ha posto dei limiti rifiutandosi di inviare caccia e missili a lungo raggio: un «no» motivato dalla paura dell’escalation con la Russia. Questa linea, insieme alle crescenti difficoltà americane nel giustificare il sostegno a Kiev davanti all’opinione pubblica, secondo alcuni priverebbe l’Ucraina delle risorse per una vera riconquista.

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