A tre mesi dal terremoto, in Turchia c’è ancora un grosso problema di macerie

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Sono tantissime e il loro smaltimento sta creando grossi rischi sanitari e ambientali

Lo scorso 6 febbraio la Turchia e la Siria sono state colpite da un gravissimo terremoto che ha provocato la morte di quasi 60mila persone: l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha definito «il peggior disastro naturale» dell’ultimo secolo in tutta l’area europea. Da allora i soccorsi sono andati avanti senza sosta, ostacolati anche dal freddo e, in Siria, dalla guerra civile. A quasi tre mesi da quel devastante terremoto, oggi uno dei problemi principali riguarda la gestione dell’enorme quantità di macerie, che sta provocando grossi disagi e potenziali rischi sia ambientali che sanitari.

Il terremoto dello scorso febbraio ha provocato il crollo di moltissimi edifici, con interi quartieri collassati al suolo. Decine di migliaia di altri edifici, molto danneggiati dal terremoto, sono attualmente in fase di demolizione. Secondo stime fatte dalle Nazioni Unite, il terremoto ha creato fino a 210 milioni di tonnellate di macerie: sono abbastanza per coprire tutta Washington D.C. o per costruire un cumulo alto quanto il monte Erciyes, un vulcano della regione turca della Cappadocia che svetta per quasi 3mila metri, ha scritto lo Scientific American.

Macerie ad Antiochia, nel sud-est della Turchia (AP Photo/Bernat Armangue)

La gestione dei detriti è una delle questioni più complesse quando si verifica un terremoto. Sempre lo Scientific American ha spiegato che se non pianificata e poi gestita attentamente, con adeguate procedure e protocolli e norme sia per gli operatori che per chi vive nelle aree interessate, la gestione dei detriti può essere molto rischiosa dal punto di vista sanitario e ambientale, con possibili intossicazioni per le persone e contaminazioni di acqua e suolo.

Parte di questi problemi sono da settimane al centro dei disagi e delle proteste di diverse aree colpite dal terremoto dello scorso febbraio. Il Washington Post ha raccontato di Samandag, nel sud della Turchia e molto vicina al confine con la Siria, e di altre aree nella provincia meridionale di Hatay, dove nel complesso sono già state allestite circa 20 discariche di detriti.

A Samandag il traffico dei camion che trasportano macerie è continuo e incessante, con montagne di cemento, calcestruzzo, acciaio, vestiti, coperte, biciclette ed elettrodomestici ammucchiati in vari punti della città (in condizioni normali, per esempio, gli elettrodomestici, come le batterie, sarebbero considerati rifiuti speciali, da trattare separatamente). Al momento macerie e rifiuti vengono accumulati soprattutto in un’enorme discarica vicino al mare, non lontano da una tendopoli di persone che hanno perso la casa nel terremoto e da una riserva ornitologica.

Sia i residenti della zona che alcuni gruppi di attivisti…

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