Un lavoratore clandestino e in nero: titolare di un calzificio condannata a 4 mesi

Durante un’ispezione i carabinieri avevano trovato in azienda un lavoratore clandestino e pagato in nero.

Da qui la contestazione del reato legato all’immigrazione. Alla sbarra questa mattina in tribunale a Mantova sono stati chiamati in due: madre e figlio. Lei, Cai Refeng, origine cinese, titolare di un calzificio ad Asola, lui dipendente della stessa azienda.

Al termine dell’udienza la donna è stata condannata a 4 mesi e 5mila euro di multa, mentre il figlio è stato assolto per non aver commesso il fatto.

Il blitz dei carabinieri risale al 2018 quando durante un controllo fu trovato un lavoratore di origine cinese senza regolare permesso di soggiorno. Da rilievi più approfonditi è poi emerso che il lavoratore era sprovvisto anche di regolare contratto di lavoro.

Questa mattina nell’aula 1 al primo piano del tribunale di via Poma (giudice Enzo Rosina) è stato sentito in qualità di testimone un altro lavoratore del calzificio all’epoca addetto all’imbustamento delle calze. Da una precedente sua deposizione ai carabinieri l’uomo aveva detto che la paga oraria era di 3 euro all’ora, ma ieri in sede di processo ha riferito di essersi sbagliato e che invece la paga era congrua, poco più di mille euro al mese. Alla sbarra il figlio della titolare ha raccontato che il suo ruolo era prevalentemente quello di traduttore, avendo dimestichezza con l’inglese e il cinese. L’avvocato difensore dei due imputati ha rimarcato che l’azienda in questore aveva dieci dipendenti in regola e solo due non in regola e che quindi sostanzialmente la situazione era quasi totalmente regolare.