Perché fumo e gravidanza non sono compatibili

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I neonati le cui madri fumano in gravidanza corrono probabilità cinque volte più elevate di morte improvvisa del lattante o SIDS (Sudden infant death sindrome) rispetto ai figli di madri che non fumano. Un’analisi condotta negli Stati Uniti e pubblicata sul Journal of Perinatology fa luce sui rischi del fumo di sigaretta durante la gravidanza e invita ad aiutare le donne che si approcciano a questa esperienza a smettere di fumare, offrendo loro ogni supporto possibile. 

Un’ottima occasione per smettere. «Il messaggio è semplice», dice Barbara M. Ostfeld, direttrice programmatica del SIDS Center nel New Jersey, docente di pediatria alla Rutgers Robert Wood Johnson Medical School e prima autrice dello studio. «Fumare aumenta di molto il rischio di morte improvvisa e inaspettata del bambino. Chiunque stia pensando di provare a rimanere incinta ha una ragione profondamente importante per smettere».

Secondo il sito del Ministero della Salute, quando la madre fuma 4.000 sostanze nocive si trasferiscono dai suoi polmoni al sangue e raggiungono il feto attraverso il cordone ombelicale e la placenta. Oltre a essere associato a una maggiore frequenza di aborto spontaneo, parto prematuro e morte perinatale, il fumo in gravidanza comporta maggiori probabilità di asma e altre malattie respiratorie nei nascituri.

I numeri parlano. Poiché la morte improvvisa del lattante è spesso collegata alle disparità razziali e all’iniquo accesso a cure e assistenza per le madri, lo studio ha esaminato il numero di casi di SIDS su 3,3 milioni di parti di donne bianche e 857.864 donne afroamericane.

Nello studio sono stati considerati come SIDS i decessi inaspettati e improvvisi di bambini nel primo anno di vita dopo le dimissioni dall’ospedale. Tra i figli di donne afroamericane che non avevano mai fumato si sono registrati 1,07 casi di SIDS ogni mille nati vivi; tra quelli delle fumatrici, 3,80 casi ogni 1.000 nati vivi. Tra i figli di donne bianche che non avevano mai fumato i casi di SIDS sono stati 0,34 su 1.000, tra quelli delle fumatrici di 2,33 su mille.

Non giudizi, ma aiuto. La durata del periodo trascorso a fumare incide in modo importante sul rischio, indipendentemente dalle origini etniche della madre. Il rischio è più basso nei figli di chi non ha mai fumato e cresce a ogni trimestre di esposizione al fumo in utero.

Il fatto più preoccupante è che la maggior parte delle fumatrici in entrambi i gruppi ha continuato a fumare per tutta la gravidanza: «Questo mostra le difficoltà che i fumatori incontrano nel cessare questa abitudine, e suggerisce ci sia bisogno di approcci più efficaci e di migliori accessi a questi servizi», sottolinea Thomas Hegyi, direttore medico del SIDS Center of New Jersey e coautore dello studio.

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