Ricompare l’antico catalogo stellare di Ipparco
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I riferimenti alla più antica mappa nota del cielo notturno, un lavoro scientifico di eccezionale valore considerato perduto, sono emersi nel sottotesto nascosto di una pergamena medievale ritrovata in un monastero egizio. Nel documento, celate sotto le righe di un testo religioso, si trovano infatti alcune coordinate stellari che si pensano tratte dal catalogo celeste di Ipparco, astronomo e geografo greco considerato da molti storici il “padre dell’astronomia”.
Un documento fondamentale. Si pensa che Ipparco per primo abbia provato a redigere un catalogo del cielo visibile con strumenti ottici molto semplici e durante innumerevoli ore di lavoro, registrando la posizione di circa 850 stelle con un sistema di coordinate assai preciso. Gli storici della scienza vanno cercando le tracce di questo catalogo da secoli, perché si ritiene che “fotografi” un momento cruciale della nascita dell’astronomia: il passaggio, cioè, dalla semplice descrizione della volta stellata alla misurazione e alla predizione del moto dei corpi celesti. Ma nonostante sia citato da molte antiche fonti, finora il catalogo non solo non è mai stato trovato; mancava proprio qualunque riferimento concreto a una sua anche passata esistenza.
Scritto e cancellato. Il manoscritto al centro della nuova ricerca pubblicata sul Journal for the History of Astronomy proviene dal monastero greco ortodosso di Santa Caterina nella Penisola del Sinai (Egitto), ma è conservato nel Museo della Bibbia di Washington D.C.. Le sue pagine contengono infatti una serie di testi di contenuto cristiano scritti in siriaco (una lingua del gruppo dell’aramaico) nel Medioevo, tra decimo e undicesimo secolo d.C..
Nel 2012, analizzando questi scritti, uno allievo dello studioso di testi biblici dell’Università di Cambridge (Regno Unito) Peter J. Williams, si imbatté inaspettatamente in un passaggio in greco antico, solitamente attribuito all’astronomo Eratostene. Un indizio “sospetto” che ha spinto, nel 2017, a una rianalisi del documento con tecniche di imaging multispettrale, fotografando le pagine sotto varie lunghezze d’onda per capire da dove fosse arrivata quella citazione.
E infatti, in nove pagine del documento è stato trovato materiale astronomico, trascritto nel V o VI secolo d.C. e poi cancellato per liberare pagine vuote su cui riscrivere: un procedimento per nulla raro in antichità – la pergamena era un supporto prezioso e capitava spesso che il testo originario fosse raschiato e sostituito con un altro. Il risultato è quello che i filologi chiamano un manoscritto palinsesto.
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