L’ipocrisia fiscale nazionale e la campagna elettorale- Corriere.it

I programmi elettorali sono per loro natura una scommessa sul futuro. Un modo anche per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Come dire: noi ci proviamo, poi si vedr. Un po’ di cosmesi pubblicitaria inevitabile. Si sfumano poi le proposte per mediare tra le differenti anime degli schieramenti. La parte fiscale, ovviamente, il nucleo principale di ogni programma. Ma non misurare il costo di ci che si promette il peggiore degli inganni. E affidarsi, nelle coperture, a un’ipotetica e mirabolante crescita futura, con fantastici incassi per l’Erario, una dimostrazione di colpevole avventurismo.

La legislatura che finisce non passer alla storia come una delle pi produttive. Anzi. Ma il lavoro parlamentare che ha portato la Camera ad approvare definitivamente la delega fiscale — pur con tutte le critiche e le riserve — non merita di finire in un cestino. Anche perch poi bisognerebbe ricominciare tutto da capo e questo allungherebbe i tempi di approvazione di alcune delle misure contenute nei programmi dei vincitori. A portata di mano di semplici, si fa per dire, decreti legislativi. La delega stata sottoscritta (dopo l’armistizio sul catasto) da tutte le forze politiche della maggioranza uscente. Il Senato la voter il 7 settembre? Una volta tramontata la maggioranza di unit nazionale del governo Draghi, ognuno ritorna nella piena libert di perseguire i propri progetti. Giusto.

Ma,
le Commissioni Finanze e Tesoro del Senato (presieduta da Luciano D’Alfonso) e Finanze della Camera (Luigi Marattin) hanno svolto negli anni un’indagine molto approfondita, ascoltando esperti e categorie. Il dato oggettivo non cambia. Come non cambiano la misurabilit e la fattibilit di ogni intervento. La fotografia della giungla fiscale reale. Se qualcuno ha firmato, per disciplina o convenienza, una delega nella quale, per evidenti ragioni politiche, non crede pi, forse il caso che argomenti meglio la sua scelta.

Difficile poi sfuggire o rimuovere alcuni limiti e criticit. Facciamo l’esempio della stracitata flat tax o tassa piatta che si vorrebbe estendere a dipendenti e pensionati. Per le partite Iva sotto i 65 mila euro di ricavi annuali, attualmente al 15 per cento. C’ la proposta della Lega di alzare subito il limite a 100 mila euro. La barriera di fatturato disincentiva la crescita dimensionale e favorisce il ricorso al nero. Il salto di aliquota con l’Irpef elevato e anche se fosse ridotto (alzando per esempio la flat tax per scaglioni superiori) si porrebbe comunque un problema di equit orizzontale rispetto alle persone fisiche (che pagano il 43 per cento oltre i 50 mila euro) e molte piccole aziende. In questo passaggio, che riguarda solo una parte dei contribuenti — peraltro quella che ha un tasso di evasione al 66,9 per cento — vi tutta la complessit di una proposta dai costi non calcolati ma comunque esorbitanti.

La delega fiscale concilia con una certa difficolt due visioni in netto contrasto — che si confrontano anche in campagna elettorale — ovvero proporzionalit e…