Marmolada: il parere di chi la studia da 20 anni
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Qualche giorno dopo la tragedia della Marmolada, i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada, che da vent’anni studiano il ghiacciaio, hanno voluto dare il loro contributo per comprendere cosa sta accadendo. Il ghiacciaio della Marmolada è il più grande delle Dolomiti, ed è ritenuto importante perché, rispondendo in modo molto rapido a variazioni anche minime di precipitazioni e temperatura, ha una funzione di “termometro dei cambiamenti climatici”.
Sotto controllo. Il ghiacciaio è stato costantemente monitorato sin dai primi anni del secolo scorso dal Comitato Glaciologico Italiano (CGI) che ha raccolto dati, immagini e materiali, poi condivisi con la comunità scientifica.
Un’immagine della “Città di Ghiaccio”: si tratta di 12 km di tunnel intervallati da caverne adibite a dormitori, cucine, infermerie, sale radio ecc., scavati durante la Prima guerra mondiale nel ghiacciaio della Marmolada che all’epoca, in alcuni punti, superava i 50 metri di spessore (1916).
© Comitato Glaciologico Italiano – Università di Padova – Università di Parma – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS
Il dato più evidente è che il ghiacciaio della Marmolada oggi è grande un decimo rispetto a 100 anni fa: si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume. E si tratta di un fenomeno in progressiva accelerazione, tanto che negli ultimi 40 anni la sola fronte centrale è arretrata di più di 600 metri risalendo nel contempo in quota di circa 250 metri.
In particolare la velocità di ritiro media è stata di:
- 0,5 metri/anno, tra il 1902 e il 1906
- 5 m/anno, tra il 1925 e il 1938
- 8,4 m/anno, tra il 1951 e il 1966
- 10,3 m/anno, tra il 1971 e il 2015
Le cause? Certamente gioca un ruolo importante l’aumento della temperatura. In particolare, l’aumento della temperatura minima invernale: sulla Marmolada, è cresciuta di 1,5 gradi nel corso di 35 anni di osservazioni.
Più cause insieme. Venendo al tragico crollo del 3 luglio 2022, che ha interessato la parte residuale del ghiacciaio centrale, i ricercatori sostengono che si è verificato per più cause, ciascuna delle quali ha avuto un diverso “peso specifico” che è ancora impossibile determinare. A contribuire al crollo sono stati «la forte inclinazione del pendio…
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