Dalla pianura alle montagne: le avventure del pastore Ivano

Ha 43 anni e viaggia in compagnia di quattro cani, due capre e due asinelli. Ora si sposta nell’Alto Mantovano, ma d’estate sale in quota, tra lupi ed orsi

VOLTA MANTOVANA. Per riuscire a incontrare Ivano Melchiori e il suo gregge, o si ha fortuna o si usa Google Maps. È lui a mandarci la posizione dal pascolo per l’incontro, tra Valeggio e Volta. Per avvicinare Ivano, 43 anni, pastore da quando era poco più che ragazzino, bisogna piacere a Doro, il pastore maremmano che lo segue come un’ombra. Il cagnone è anche il suo caposquadra: è lui che governa il gregge da 800 capi (in tutta la regione ce ne sono 175mila, dati Confagricoltura) con l’aiuto di un altro maremmano e di due pastori belgi. Originario di Monzambano, sposta le pecore tra l’Alto Mantovano e i campi tra Marmirolo e Goito: stanno in un recinto al mattino, ma poi verso l’ora di pranzo vengono liberate e fino al tramonto brucano indisturbate l’erba, tutto ciò che mangiano.

Gli spostamenti tra un pascolo e l’altro avvengono di notte, per evitare il traffico, e seguendo le ciclabili lungo i canali. Nel Mantovano, il pastore e il suo gregge (al quale si aggiungono due asinelli e un paio di capre) restano fino a giugno, poi partono per la montagna, verso Tione di Trento, sulla strada per Madonna di Campiglio, dove rimangono l’estate.

Qui tra le colline e la pianura Ivano cambia i pascoli in base ad accordi verbali con i proprietari dei terreni, mentre in montagna ha contratti d’affitto con i Comuni che gestiscono le malghe, più enti perché i suoi 140 ettari di pascolo sono su tanti territori diversi. Melchiori è figlio d’arte: «Faccio il pastore da sempre – racconta – come mio padre Renato e mio nonno Luigi. Ho iniziato da giovanissimo, spinto dalla passione, e non ho mai pensato di cambiare».

Da quando facevano i pastori il papà e il nonno, molto è cambiato. Il babbo Renato, oltre a non poter segnalare la propria posizione con Google Maps, andava in montagna a piedi, ventidue giorni ad andare e altrettanti a tornare. Ora le pecore vengono caricate sugli autotreni: non c’è più la fatica di camminate estenuanti, non ci sono i rischi per gli animali. Alcune difficoltà, però, rimangono, soprattutto in montagna, dove le avversità del meteo possono diventare estreme: «Vivo in una baita per 80 giorni da metà giugno ai primi di settembre. È meraviglioso, ma quando il tempo è brutto, in montagna è molto peggio che qui. Ma bisogna andare avanti lo stesso». Fa paura, il brutto tempo, quasi quanto i lupi: «Sul Tonale sono arrivati e li hanno visti anche in paese a Pieve di Bono, non lontanissimo dai miei pascoli. Io non li ho mai incontrati, ma dove passano fanno dei disastri. Gli orsi, invece, li ho visti, ma non mi hanno mai dato problemi».

Le pecore allevate dal pastore mantovano («molto probabilmente l’unico, mentre nel resto della Lombardia ce ne sono ancora tanti», racconta con orgoglio) sono di razza…