Sul clima India e Brasile non ne vogliono sapere. La Ue confida nella Cina

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“Fin dal momento in cui Biden è stato eletto alla Casa Bianca, non abbiamo sprecato un giorno per preparare la Cop26”, spiega una fonte europea alla ‘vigilia’ dei due grandi appuntamenti globali per la lotta ai cambiamenti climatici: il G20 di Roma sabato e domenica, dove ci saranno i rappresentanti dei paesi che producono l′80 per cento delle emissioni nocive e poi la Conferenza dell’Onu sull’ambiente a Glasgow, a partire dal 31 ottobre. Se con Donald Trump le possibilità di riuscita erano “pari a zero, con Joe Biden sono aumentate di decine di percentuali da quando è stato eletto”. Il freno non è nell’Ue o negli Usa ormai, ma nel resto del mondo.

“India, Messico, Brasile, Arabia Saudita, Indonesia”, paesi emergenti tra i più grandi inquinatori del pianeta secondo l’elenco che si fa in Commissione a Bruxelles, non hanno ancora annunciato i loro piani di azioni per la riduzione delle emissioni. Paradossalmente, lasciano capire le fonti europee, il dialogo è molto più avviato con la Cina, che oggi dovrebbe presentare i propri “Contributi determinati a livello nazionale” (Ndc, la sigla in inglese), vale a dire i piani nazionali non vincolanti sulle azioni per il clima, compresi gli obiettivi relativi alla riduzione delle emissioni di gas serra, le politiche e le misure che si intende attuare in risposta ai cambiamenti climatici e come contributo raggiungere gli obiettivi globali fissati nell’accordo di Parigi.

“Sulla relazione con Xi si può lavorare”, dicono a Bruxelles gli sherpa attivi nella preparazione dei due vertici internazionali. “Stiamo ancora aspettando India, Messico, Brasile, Indonesia, Arabia Saudita e anche parte dell’Africa, per quanto riguarda la previsione di emissioni nella seconda parte di questo secolo. Non abbiamo la bacchetta magica, ma ci impegniamo…”.

Se l’ottimismo sul dialogo con la Cina sia dovuto alla necessità di non rompere con Pechino, per via degli interessi commerciali europei a oriente, oppure ad una realtà volontà di collaborazione da parte di Xi Jinping, lo diranno le cronache dei prossimi giorni. L’obiettivo resta quello di trovare un accordo che consenta di limitare il riscaldamento globale al di sotto di un 1 grado e mezzo. Era il target degli accordi di Parigi nel 2015, finora non rispettato. Ma secondo gli uffici della Commissione Europea, presieduta da Ursula von der Leyen che ha fondato la sua mission politica sul Green deal, di certo ora c’è maggiore sensibilità sulla lotta ai cambiamenti climatici rispetto a sei anni fa. Un abisso rispetto al passato, che tuttavia non è ancora sufficiente. Gli obiettivi europei restano i più ambiziosi del mondo: neutralità climatica nel 2050, riduzione del 55 per cento entro il 2030. Ma tutto dipende dagli altri paesi: a Glasgow ci saranno i rappresentanti di quasi tutti gli Stati sovrani riconosciuti (200 sui 208).

L’Ue ha…

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