Omicidio Mora, la moglie dell’orefice: «Voglio sapere chi ha ucciso mio marito»

Molti i messaggi di solidarietà alla vedova del gioielliere. Indagata per falsa testimonianza l’ex del testimone chiave

SUZZARA. Il dolore è troppo. La rabbia è tanta. Per la moglie del gioielliere Gabriele Mora, ucciso a a colpi di pistola il 19 dicembre 1996 dopo un tentativo di rapina nel suo negozio, la condanna all’ergastolo dei cinque imputati non basta. Lei vuole sapere chi ha sparato, il nome dell’uomo che ha assassinato il marito nel tentativo di difenderla. La Corte d’Assise d’appello di Brescia ha stabilito per lei un risarcimento di 250mila euro, se mai li incasserà. Sono state tantissime le telefonate si solidarietà che le sono arrivate nelle ultime ore. Ma ha paura. Perché non è ancora finita. C’è la Cassazione. L’avvocato Tacito Ruggerini l’ha rassicurata: «Andrà tutto bene».

Uno degli elementi che ha influito sulla decisione dei giudici di Brescia è stato il voltafaccia di Marta Piccoli, l’ex compagna di Patrick Dori, la gola profonda che, con le sue dichiarazioni, avrebbe incastrato i cinque imputati. Nel processo di Mantova aveva descritto i cinque componenti della famiglia Dori come brave persone. A Brescia, invece, ha preso le distanze. E siccome la sua testimonianza era stata determinante per le assoluzioni, il suo ripensamento ha inciso sul verdetto di Brescia. Tant’è vero che la Corte ha inviato gli atti in procura perché indaghi su una sospetta falsa testimonianza.

La Corte d’Assise d’appello di Brescia, due giorni fa, ribaltando la sentenza di assoluzione emessa dal tribunale di Mantova nei confronti dei 5 imputati accusati dell’omicidio del gioielliere Gabriele Mora di Suzzara, avvenuto il 19 dicembre 1996, li ha condannati all’ergastolo. Si tratta di Adriano Dori, 47 anni, Danilo Dori, 57 anni, Giancarlo Dori, 55 anni, Stefano Dori, 50 anni, tutti di Vicenza e Gionata Floriani, 43 anni.

Patrick Dori, il testimone chiave nell’indagine per l’omicidio dell’orefice Gabriele Mora di Suzzara, ha confermato anche alla Corte d’assise e d’appello di Brescia tutte le accuse nei confronti dei cinque imputati, assolti in primo grado a Mantova.

Naturalmente gli avvocati della difesa dei presunti autori del delitto lo hanno subissato di domande cercando di farlo cadere in errore. Ma lui non ha ceduto e l’intero impianto accusatorio è rimasto intonso.