Casa sequestrata alla mafia ma da due anni è inagibile

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L’ufficio tecnico comunale di Suzzara non ha ancora concesso la certificazione di abitabilità così l’amministrazione comunale non riesce ad emettere il bando e destinare gli alloggi Erp a chi ne ha bisogno

SUZZARA. I lavori nella casa di via Lenin confiscata ad un mafioso affilliato alla Sacra Corona Unita per fini sociali sono finiti dal 2019 ma l’ufficio tecnico comunale non ha ancora concesso la certificazione di abitabilità così l’amministrazione comunale non riesce ad emettere il bando e destinare gli alloggi Erp a chi ne ha bisogno.

Nel frattempo la casa è stata invasa da erbacce, il piantone del cancello si sta deteriorando. I lavori di ristrutturazione, tra cui rifacimento dei pavimenti, sostituzione infissi e messa a norma dei vari impianti oltre alla sistemazione del giardino e della recinzione erano stati affidati alla ditta So.Co.Em di Bastia Umbra (Perugia) per un importo di 73mila euro finanziati dalla Regione Lombardia. Il rischio è che ora si debbano spendere altri soldi prima di consegnare gli alloggi. Sono trascorsi 11 anni da quando la Regione Lombardia predispose l’iter relativo alle pratiche per erogare il contributo allo scopo di sanare un’ipoteca: in questo modo si è potuto procedere al recupero dell’immobile a fini sociali. Il progetto prevedeva la realizzazione di tre minialloggi. Il proprietario della villetta era il boss Gino Romano che aveva abitato nella casa di viale Lenin per alcuni anni, prima di trasferirsi a Brindisi sua città natale e dove in seguito venne condannato, perdendo così anche le proprietà. In conseguenza di ciò l’Agenzia del Demanio di Milano comunicò la confisca da parte dello Stato dell’immobile precisando che, come prescrive la legge, poteva essere trasferito al Comune a patto di essere destinato ad ospitare sedi istituzionali o associazioni di volontariato civile. L’amministrazione guidata dall’ex sindaco Anna Bonini aveva accettato, salvo poi trovarsi la brutta sorpresa dell’ipoteca, che fatta annullare dal Tribunale, non era stata però cancellata sul registro immobiliare. Era infatti emerso che un istituto bancario pretendeva il pagamento di 140mila euro per un mutuo ipotecario acceso nel 1992. Banca Intesa, infatti, voleva il denaro per estinguere il vecchio mutuo di 330 milioni di vecchie lire. Il rischio, che il Comune di Suzzara aveva più volte manifestato era che la villetta potesse finire all’asta per poi essere riacquistata dalla mafia. L’ipoteca era sospetta: la villetta fu valutata 330 milioni nel 1992, ma era stata sopravvalutata e su quella stima venne erogato il mutuo intestato ad una casalinga quasi nullatenente, non residente a Suzzara, forse una prestanome.

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